Mons. Pompili aveva già affrontato il tema il 2 novembre, durante le commemorazioni dei fedeli defunti celebrate ad Accumoli e Amatrice: il terremoto non è una punizione divina. Ma che le letture del terremoto condotte secondo la «logica della retribuzione» hanno a che fare con una idea infantile della religiosità, lo ripete già dai primi giorni del disastro. La fede cristiana consiste anche della capacità di decifrare i segni della resurrezione sotto l’apparenza contraria della morte. Una fede adulta affronta il dolore con la pazienza e tenacia di Giobbe.
Non stupisce allora il giudizio del vescovo di Rieti su una posizione messa in onda da Radio Maria. Domenica scorsa, nel giorno della scossa più forte, padre Giovanni Cavalcoli ha affermato che il terremoto è un «castigo divino», la cattiva conseguenza della legge sulle unioni civili.
Don Domenico ha bollato queste dichiarazioni come «scempiaggini blasfeme». Con l’autorevolezza di chi è in prima linea nell’aiuto agli sfollati fin dal 24 agosto, insieme a tutta la Chiesa, il vescovo ha ricordato che l’idea di una punizione divina è già, di per sé, «una caricatura, un’affermazione inaccettabile, una forma di blasfemia: si tratta di una idiozia anche da un punto di vista teologico».
Il pensiero di mons. Pompili è tutto per la sofferenza della sua gente: «Il dramma vero è che le scosse non si esauriscono. Questa tragedia senza fine colpisce gli affetti, mette a dura prova la fede. È proprio davanti a tragedie di questa entità che chi pronuncia scempiaggini di questo tenore dovrebbe ricordare cosa significhi “non nominare il nome di Dio invano”».
Allora il vaticano e i vescovi chiedano il trasferimento ad altro incarico del direttore di radio Maria, se è vero come è vero che la radio commette errori teologici e non è la prima volta. Altrimenti sono solo parole
mi sembra che non aspettavi altro… si evince che non sei cattolico… allora pensa per te… errare è umano ma tutti questi errori non mi risultano… li vedete solo voi che siete contro a prescindere… Padre Livio è un’eroe
Comunque di cattiveria ce n’è troppa, dobbiamo fermarci per riflette a prescindere.