Mons. Pompili: «Il rapporto medico e paziente è la chiave di ogni terapia»

Partire «dall’uomo che è fatto di terra» per «rimettere nel giusto alveo tutte le questioni di carattere organizzativo e aziendale che sono andate crescendo nel tempo». È l’indicazione rivolta dal vescovo Domenico ai tanti medici che hanno partecipato all’incontro organizzato dall’Ufficio Diocesano per la Pastorale della Salute nel giorno della ricorrenza del loro patrono, San Luca evangelista.

«La specializzazione della medicina per un verso e la razionalizzazione del sistema sanitario sociale ha avuto effetti di gigantismo e di tecnicismo, che snaturano prima i medici e poi i pazienti» ha spiegato mons. Pompili, che si è detto «consapevole di quanto sia complicato essere medico oggi, costretti entro maglie sempre più strette che non consentono di vivere come prima evidenza il rapporto col malato. D’altra parte se è da qui che bisogna ripartire per il rispetto dell’oggetto della scienza medica, giova ripetere quello che uno scienziato come Sydenham scriveva agli inizi della modernità: “.. andate al capezzale del malato, perché soltanto lì potrete imparare qualcosa delle malattie”».

«Qui si inserisce il tema centrale del rapporto medico-paziente – ha aggiunto il vescovo – che va ritrovato, superando concezioni paternalistiche o contrattualistiche e lasciando ispirare da un approccio personalistico. In questa relazione che è di empatia ci sono almeno due condizioni che vanno preservate: la qualità dell’accoglienza e della comunicazione e la interdisciplinarietà coi colleghi che va valorizzata».