Missioni: la distanza non è più l’unico criterio

Ottobre, mese missionario per eccellenza, è ormai prossimo e ci apprestiamo a vivere le sue cinque settimane alla luce dello slogan che caratterizza l’88 Giornata Missionaria Mondiale: “Periferie cuore della missione”.

La globalizzazione sta ridefinendo i parametri della missione “ad gentes” e questi cambiamenti sono stati evidenziati da Papa Francesco ed egregiamente sintetizzati nel messaggio per la Giornata Missionaria Mondiale con queste parole: “Nella nostra epoca, la mobilità diffusa e la facilità di comunicazione attraverso i nuovi media hanno mescolato tra loro i popoli, le conoscenze, le esperienze. Per motivi di lavoro intere famiglie si spostano da un continente all’altro; gli scambi professionali e culturali, poi, il turismo e fenomeni analoghi spingono ad un ampio movimento di persone. A volte risulta difficile persino per le comunità parrocchiali conoscere in modo sicuro e approfondito chi è di passaggio o chi vive stabilmente sul territorio. Inoltre, in aree sempre più ampie delle regioni tradizionalmente cristiane cresce il numero di coloro che sono estranei alla fede, indifferenti alla dimensione religiosa o animati da altre credenze. Non di rado poi, alcuni battezzati fanno scelte di vita che li conducono lontano dalla fede, rendendoli così bisognosi di una nuova evangelizzazione. A tutto ciò si aggiunge il fatto che ancora un’ampia parte dell’umanità non è stata raggiunta dalla buona notizia di Gesù Cristo…”.

La distanza allora non è più l’unico ed assoluto criterio per definire le “gentes”, se per distanza si intende spazio e tempo. Preminenti oggi, nei nostri contesti, sono invece le “distanze sociali”, che rappresentano luoghi dove l’“ad gentes” deve guardare per ridare speranza alle molte solitudini e diversi volti delle nuove povertà.

Per Papa Francesco c’è un luogo particolare dove le “distanze sociali” si manifestano in modo drammatico, un crocevia di culture e disagi, un confine antropologico di sofferenze e solitudini che la Chiesa deve abitare, e sono le periferie esistenziali. Numerose sono state le occasioni in cui il Vescovo di Roma ha annunciato “una Chiesa povera per i poveri” che deve uscire per andare alla ricerca delle “periferie”.

Non solo una Chiesa che ha a cuore i poveri, che fa il bene per loro, ma si fa povera a immagine del Signore, il quale “da ricco che era si è fatto povero per noi”, per essere solidale in tutto con gli uomini. “Perché la realtà si capisce meglio non dal centro, ma dalle periferie”.

Questo tema che sta particolarmente a cuore al Papa, è stato dallo stesso ripreso anche quando ha invitato i sacerdoti ad “uscire nelle periferie dove c’è sofferenza, c’è sangue versato, c’è cecità che desidera vedere, ci sono prigionieri di tanti cattivi padroni…Siate pastori con l’odore delle pecore, che si senta quello…

L’invito forte di Papa Francesco è insomma quello di andare verso le periferie, verso i luoghi fuori mano; è quello di uscire da noi stessi, dalle nostre comunità, per andare lì dove gli uomini e le donne vivono, lavorano e soffrono e annunciare loro la Lieta Notizia: Dio è amore.

Questa è Missione! Ricordiamoci che il grande compito di annunciare il Vangelo non riguarda solo i missionari e le missionarie, ma ogni credente. E la periferia è il cuore della missione della Chiesa e Dio ci spinge a uscire da noi stessi per incontrare, nel volto dei fratelli, il suo stesso volto. L’ideale missionario che ci suggerisce il mese di ottobre, è quello di impegnarci a dare speranza con gesti concreti e mettere Gesù al centro dell’annuncio liberatore da ogni povertà.