Migrantes, la fede in movimento

Affrontiamo con il direttore dell’Ufficio Migrantes della Diocesi di Rieti il problema della mobilità umana dal punto di vista sociale e religioso.

Nel mese di maggio, il Vescovo di Rieti Delio Lucarelli ha istituito anche nella nostra diocesi l’ufficio Migrantes, affidandone la direzione ad Arnaldo Proietti. Diacono permanente dal 2006, Arnaldo è stato in servizio dalla data di ordinazione presso la parrocchia di santa Maria Madre della Chiesa. Dal 2008 presta servizio nella parrocchia di Vazia. Propedeutici alla nomina sono stati due percorsi di formazione per direttore diocesano per l’ufficio Migrantes seguiti dal diacono sui lineamenti della Pastorale migratoria.

Arnaldo, cos’è Migrantes?

La Fondazione “Migrantes” è l’organismo costituito dalla Conferenza Episcopale Italiana per accompagnare e sostenere le Diocesi nella conoscenza, nell’opera di evangelizzazione e nella cura pastorale dei migranti. L’intento è di promuovere opere di accoglienza fraterna nei loro riguardi, per stimolare nella società la comprensione e la valorizzazione delle identità in un clima di pacifica convivenza. Migrantes lavora con particolare attenzione alla tutela dei diritti della persona e della famiglia migrante e alla promozione della cittadinanza responsabile dei migranti.

Sembra un campo di intervento piuttosto complesso…

Beh, l’attività della Fondazione si rivolge ad un insieme molto esteso di persone. Non guarda solo ai singoli, ma anche a famiglie e comunità. La mobilità umana è un fenomeno molto complesso. Ovviamente ci sono gli immigrati stranieri, i rifugiati, i profughi, gli apolidi e i richiedenti asilo, ma alcuni problemi coinvolgono anche i migranti interni italiani. Pensiamo alla gente dello spettacolo viaggiante, ai Rom, ai Sinti e ai nomadi in genere.

Cosa fa Migrantes per queste persone?

La Fondazione cerca di favorire la vita religiosa dei migranti, in particolar modo dei cattolici. Promuove percorsi di evangelizzazione e catechesi, porta attenzione alla vita liturgica e incoraggia la testimonianza della carità. Si cerca, nel rispetto delle diverse tradizioni, un fruttuoso inserimento dei migranti nelle Chiese locali. Migrantes sostiene l’impegno degli operatori pastorali a servizio delle persone in movimento, anche con il necessario aggiornamento spirituale e culturale. Più in generale la Fondazione coordina le iniziative a favore delle migrazioni promosse dalle Chiese particolari e dagli organismi di ispirazione cristiana, mette in rete uffici ed enti ecclesiali e civili per le migrazioni in Italia e all’estero. In questa direzione dà vita alle iniziative e servizi che si rendono necessari.

Sembra si possa partire dalla fede per costruire un approccio positivo al multiculturalismo…

Sì, c’è anche questo aspetto. Gli uffici Migrantes promuovono la crescita integrale dei migranti nel rispetto del loro patrimonio culturale. Le diverse identità rappresentano una ricchezza. Talvolta possono essere la chiave che rende chi si sposta, per convinzione o necessità, protagonista nella società civile. Questo, ovviamente, non vuol dire che le migrazioni non siano accompagnate da una miriade di problemi. Tuttavia sono un fatto inevitabile. E il fenomeno è probabilmente destinato a crescere. Ecco perché tra i compiti del nostro ufficio c’è anche l’impegno di aiutare l’opinione pubblica a comprendere le varie situazioni e rapportarsi ad un mondo in continua mutazione. Un impegno che segue anche spingendo le istituzioni ad elaborare di leggi a tutela dei migranti, indirizzate ad una convivenza più giusta e pacifica.

Ma nella specifica realtà diocesana, quale pensi possa essere l’azione da mettere in campo?

Il nostro primo obiettivo è di rispondere ai bisogni immediati che troviamo nella Diocesi, soprattutto a livello parrocchiale. Qualche risultato nella costruzione di relazioni con le comunità di migranti già si comincia a vedere. Da questo punto di vista è importante il lavoro svolto dalle Caritas parrocchiali. Al fianco della distribuzione di abiti e viveri, c’è un costante ascolto delle persone. Questo mi ha dato modo di fare una qualche ricognizione dei problemi. A Vazia, ad esempio, c’è una comunità romena abbastanza consistente e si sente il bisogno di un sacerdote di quella lingua. Permetterebbe a queste persone di celebrare i sacramenti secondo i riti d’origine. Cosa che oggi sono costretti a fare spostandosi fuori città.

Offrire soluzioni ai problemi spirituali dei migranti favorisce l’integrazione con la comunità italiana?

Senza dubbio. Lavorare per l’integrazione è un altro dei compiti dell’ufficio Migrantes. Infatti abbiamo intenzione di dare vita ad una serie di scambi culturali per consentire a tutti di conoscersi meglio e di apprezzare la cultura dell’altro.

Questo genere di azione andrà condotta insieme agli altri uffici pastorali…

Certamente. Finché non è stato istituito il Migrantes, altri uffici ne hanno svolto la sua funzione. Di conseguenza per noi sarà doveroso e naturale avvantaggiarci dell’esperienza e della collaborazione di tutti. Non possiamo che guardare con gratitudine il lavoro svolto dalla Caritas e dall’Ufficio Missionario in questi anni e crediamo che anche con la Pastorale della Salute e con quella del Lavoro e dei Problemi sociali potremo dare vita a collaborazioni vitali. E con l’ufficio scuola, ovviamente, ci occuperemo dei migranti di minore età.

Ma il fenomeno dei migranti in quale misura interessa città e diocesi di Rieti?

Anche se non sembra, è un fenomeno molto diffuso. Se ne ha una percezione ridotta perché troppo spesso identifichiamo il migrante con le badanti e i rifugiati. In realtà le persone in cammino sono tantissime. Basti pensare ai giostrai e ai circhi, o alle comunità nomadi. In qualche modo certi problemi riguardano anche chi è costretto a viaggiare molto per lavoro. Il tema richiede anche un aggiornamento del nostro punto di vista sulla realtà.

Spesso la presenza di stranieri, specie di comunità corpose, viene percepita come un problema dalla popolazione residente. È un pregiudizio o ci sono delle ragioni concrete?

Sicuramente c’è una forte componente di pregiudizio. Alcuni sono davvero luoghi comuni, come quello degli zingari che rubano i bambini. Va però anche riconosciuto che l’introduzione di comunità numerose di stranieri in un quartiere, portando altri usi e altre abitudini, può creare qualche fastidio. Un campo in cui la resistenza sembra ancora forte, è quella dei matrimoni misti. Da questo punto di vista, la nostra città è rimasta abbastanza provinciale, nonostante per altri versi si dia arie da grande metropoli.

Come sempre c’è dietro un problema culturale…

È vero. Sono cambiamenti che non arrivano né velocemente, né da soli. Ci vuole l’impegno di tutti. Per questo invito chi gravita attorno alle parrocchie a indirizzare verso l’Ufficio Migrantes tutte quelle situazioni che possono ricadere nella sua area di intervento o che hanno bisogno di un aiuto qualificato.