Mezzogiorno: mancano i progetti, non le risorse

Al 30 giugno 2014 è stato speso solo il 56% dei fondi europei per il 2013

Dice l’amministratore delegato di Invitalia, l’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa, Domenico Arcuri, nel corso di un intervento a un seminario a Napoli: “Il Mezzogiorno è morto. Se non ce ne rendiamo conto non andiamo lontano. Il Sud è morto perché è diventato plurimo: ci sono tanti Sud, ed è lontano più di prima dai luoghi dove si progetta lo sviluppo del mondo”. Arcuri aggiunge: “Il problema dell’Italia e del Sud non è la disponibilità di capitali, chi lo racconta dice fandonie. Il problema è che mancano i progetti per usare il denaro disponibile. Il problema quindi ha a che fare con le capacità delle classi dirigenti, che reclamano spesso fondi e risorse, eppure al 30 giugno 2014 è stato speso solo il 56% dei fondi europei che dovevamo spendere entro dicembre 2013. C’è poi una pubblica amministrazione che è un labirinto: si conosce la porta d’entrata ma non quella d’uscita”.

Invitalia agisce su mandato del Governo per accrescere la competitività del Paese, in particolare del Mezzogiorno e per sostenere i settori strategici per lo sviluppo. I suoi obiettivi sono: favorire l’attrazione di investimenti esteri; sostenere l’innovazione e la crescita del sistema produttivo; valorizzare le potenzialità dei territori. La società, quindi, conosce le situazioni in cui opera e Arcuri è un manager affidabile e competente: 47 anni, calabrese, sa quello che dice. È professore incaricato di Organizzazione Aziendale Avanzata alla Luiss di Roma. È stato Amministratore Delegato di Deloitte Consulting ed è membro del board europeo del network Deloitte, una tra le più grandi realtà nei servizi professionali alle imprese in Italia, dove è presente dal 1923. È Amministratore Delegato di Sviluppo Italia (oggi Invitalia) dal 2007.

Le parole pronunciate a Napoli, quindi, provengono da una fonte autorevole e delineano una situazione drammatica e complessa, da molti punti di vista, sulla quale si dovrebbe intervenire con urgenza. Arcuri non prefigura la morte futura del Sud. Dice che è già morto, perché essendo diventato plurimo (quindi diviso e disarticolato), non ha la capacità di “spendere” una sua identità omogenea, in grado di esprimere una visione strategica e quindi di confrontarsi con i “luoghi dove si progetta il futuro”. Si tratta di un’incapacità evidentemente strutturale e Arcuri lancia un avvertimento: occorre esserne consapevoli, altrimenti “non si va lontano”. Un “messaggio” chiaro per tutti coloro che nel passato e nel presente hanno inteso rinviare la soluzione dei problemi, limitandosi ad annunciare di poterli risolvere. L’amministratore delegato di Invitalia, poi, non usa mezzi termini rispetto al “problema dei problemi”: l’incapacità delle classi dirigenti. Gli ostacoli non derivano dalla mancanza di risorse da investire, ma dall’assenza di progetti: quel misero 56% speso dei fondi europei della programmazione 2007-2013, testimonia quest’analisi ed è tutto da verificare, poi, se gran parte di quella cifra non sia stata destinata ad eventi risibili, del tutto estranei allo sviluppo dei territori. A questo problema, infine, si aggiunge quello della burocrazia, che – chiosiamo – “apre e chiude le porte” come faceva cent’anni fa.

Il “quadro” che se ne trae è netto: si deve passare da un “Sud già morto” a un Sud che potrà coltivare qualche speranza di futuro nello spazio temporale di una o, forse, due generazioni. A patto che quella attuale, si accorga di avere poco tempo a disposizione per concorrere a sovvertire l’“ordine naturale” delle cose.