La messa a punto di due nuove versioni della tecnica Crispr per l’editing genetico

Dalla ricerca scientifica l’evoluzione della Crispr, in grado di correggere le mutazioni geniche senza necessità di usare il metodo del “taglia-incolla”.

Crispr e ingegneria genetica. Un binomio ormai inscindibile, data la potente capacità di questa sorta di “forbice molecolare” di apportare nel Dna cellulare correzioni puntuali e mirate, pur con gli (attualmente) inevitabili margini d’errore.

Ma la ricerca scientifica ci stupisce ancora: ecco giungere due nuove versioni evolute della Crispr, in grado di correggere le mutazioni geniche senza necessità di usare il metodo del “taglia-incolla”. Le due nuove tecniche – come ampiamente descritto da due recenti articoli su “Nature” e “Science” – funzionerebbero più come veri e propri correttori automatici di refusi (“base editor”), perdendo così del tutto la tipica caratteristica di “forbice molecolare”.

Ma entriamo un po’ più nel dettaglio. Anzitutto, fra le due versioni aggiornate di Crispr c’è una differenza: una lavora sul Dna (e quindi opera cambiamenti genetici duraturi), l’altra invece interviene sui suoi trascritti di Rna (producendo quindi effetti reversibili). Le due varianti hanno però in comune, per così dire, la “strategia di fondo”: sono in grado di identificare le lettere del Dna sbagliate e modificarne delicatamente gli atomi, fino a cambiare la loro identità. In parole povere, la sequenza genomica trattata viene corretta senza bisogno di reciderla, evitando così le imprecisioni che si verificano durante i processi naturali di riparazione cellulare. Questo nuovo approccio, dunque, supera di gran lunga in efficienza le altre procedure riparative fin qui adottate e consente interventi precisi, con un tasso minimo di errori. Naturalmente, la speranza è che in futuro, mediante questi “convertitori di lettere”, si giunga a poter riparare le mutazioni puntiformi, responsabili di molte gravi malattie umane.

Per comprendere meglio il meccanismo delle nuove versioni Crispr, è utile ricordare che le “lettere” del Dna sono quattro: adenina, timina, guanina e citosina. L’adenina si accoppia con la timina (coppia A-T), mentre la guanina si appaia con la citosina (coppia G-C). Già qualche mese fa, lo scienziato David Liu, del Broad Institute, aveva già illustrato alla comunità scientifica come fosse possibile convertire una coppia G-C in una coppia A-T. Ma rimaneva il problema che, per correggere molte mutazioni patologiche, serve la transizione inversa (da A-T a G-C). In questa ultima ricerca, Liu è finalmente riuscito a sostituire tutte e quattro le lettere del Dna, ottenendo il risultato desiderato sia nei batteri che nelle cellule umane.

Da ora in poi, quindi, dobbiamo abituarci a pensare alla Crispr non più come ad una “cesoia”, bensì come ad una “matita” per correggere refusi. Fuor di metafora, la funzione correttiva delle nuove Crispr è esplicata da un enzima (deaminasi), in grado di sottrarre gruppi chimici alle lettere del Dna, fino a convertire un tipo nell’altro. Il processo è tutt’altro che semplice; basti pensare che, per far funzionare la proteina che rappresenta l’ingrediente fondamentale della nuova ricetta (TadA-dCas9), i ricercatori hanno dovuto sottoporla a sette cicli di evoluzione e ingegnerizzazione. In compenso, gli sforzi profusi sono stati ben ripagati, visto che alla fine il sistema ha dimostrato di poter correggere adegutamente le mutazioni responsabili di due malattie genetiche (l’anemia falciforme e l’emocromatosi).

Qualcosa di analogo è stato realizzato da un gruppo di ricercatori del Massachusetts Institute of Technology e della Harvard University, coordinati da Feng Zhang, uno dei pionieri della Crispr. In questo secondo caso, la nuova variante è stata denominata “Repair”, un acronimo (Rna Editing for Programmable A to I Replacement), che richiama una verità scientifica ormai acclarata: il fatto, cioè, che l’adenosina deve essere convertita in una base intermedia (I, ovvero inosina), affinché possa essere letta come una G dalla cellula. Zhang e compagni hanno usato Repair sull’Rna (in vitro) per correggere le mutazioni che causano l’anemia di Fanconi e il diabete insipido legato al cromosoma X.

Nel complesso, i ricercatori si sono dichiarato molto soddisfatti dei risultati ottenuti, ma – per loro stessa ammissione – sicuramente esistono margini di miglioramento per un upgrade che conservi la specificità di questa tecnica e ne aumenti ancora l’efficienza.