Chiesa di Rieti

Messa in streaming dalla Cattedrale, il vescovo: «Cambierà il nostro rapporto con il tempo»

Durante la liturgia svolta a porte chiuse in Cattedrale e trasmessa in streaming dai media diocesani, monsignor Pompili si è soffermato sull’episodio della Samaritana a cui il maestro chiede da bere. E notando che «alla fine entrambi, pur essendo assetati, non bevono affatto»

È stato il simbolo dell’acqua quello scelto dal vescovo Domenico per la III domenica di Quaresima. Durante la liturgia svolta a porte chiuse in Cattedrale e trasmessa in streaming dai media diocesani monsignor Pompili si è infatti soffermato sull’episodio della Samaritana cui il maestro chiede da bere. E notando che «alla fine entrambi, pur essendo assetati, non bevono affatto».

Gesù non tocca acqua e la donna dimentica addirittura la sua anfora per correre al villaggio. Come a dire che «la vera sete, di cui l’acqua è simbolo, è sete di incontro». Un qualcosa che richiede di esporsi, di osare e la consapevolezza che non ci si possono aspettare sconti. «Mai come in questi giorni del contagio virale sappiamo che incontrarsi espone a dei rischi e comporta delle sorprese», ha sottolineato il vescovo. «Però, se sul piano fisico in questo particolare momento, dobbiamo starcene a debita distanza, così non può accadere sul piano esistenziale. Ora che siamo privati del contatto fisico e della libertà di andare verso gli altri, avvertiamo che l’incontro è come l’acqua che disseta».

Nasce così un desiderio che coinvolge anche la dimensione religiosa. E quando il Maestro «chiarisce che nell’incontro con Dio ciò che decide non è lo spazio, ma il tempo», offre «una preziosa indicazione per noi che siamo forzatamente lontani dalla spazio fisico della chiesa». Incontrarsi resta decisivo, «ma il cuore della relazione con Dio è dato dallo spirito e dalla verità, cioè dalla nostra apertura o meno alla sua Parola. Nessun dramma, dunque, se in queste domeniche – Dio non voglia anche a Pasqua! – saremo lontani da questo spazio. Ciò che conta è che abitiamo questo tempo così singolare, sperimentando la vicinanza di Dio, la cui Parola è sempre a nostra disposizione».

Resta naturalmente aperto il problema della durata dello stallo innescato dall’emergenza Covid-19. «Nessuno ha risposte convincenti», ha ammesso il vescovo, invitando a seminare prudenza e responsabilità «per raccogliere a suo tempo benessere e socialità».

E nel frattempo si può riflettere su cosa cambierà una volta «passata la bufera». Perché la fine delle difficoltà non sia un semplice ritorno alla normalità. «Prima non eravamo mica “normali”», ha osservato don Domenico.

«Mi auguro che una cosa cambi: il nostro rapporto col tempo. Stiamo imparando a vivere ritmi più lenti e meno accelerati che ci aiutano ad ascoltare meglio la realtà, a guardare negli occhi i nostri figli, a sentire con più intensità la sofferenza dei nostri cari. Non è forse questo il seme da far germogliare per il futuro?»