Giugno Antoniano

Messa del Portatore al Giugno Antoniano, testimonianza di devozione e impegno

La Messa del Portatore al Giugno Antoniano testimonia una eredità tra le generazioni: di devozione, ma anche di impegno verso il prossimo

«Non riuscite quest’anno a portare il santo in spalla, ma potete portare lui, e portare Cristo, nella vostra vita agli altri»: è chiaro l’invito di padre Maurizio Di Paolo ai fratelli di sant’Antonio appare chiaro. Ne sono radunati diversi, col classico saio nero, negli scanni del coro che fanno corona all’effigie del santo taumaturgo posizionata nell’abside di Sant’Agostino per la “Giornata del portatore” che il programma del Giugno Antoniano ha calendarizzato alla vigilia di quella che, in periodo normale, sarebbe stata la domenica del “trionfo” di Antonio nelle vie cittadine. E qualcuno di loro ci aveva sperato di essere sorteggiato nelle squadre che avrebbero “incollato” la macchina del santo almeno per un brevissimo tragitto, per farla uscire (e poi alla fine rientrare) fino alla piazza esterna per caricarla sul veicolo che, secondo l’idea inizialmente ipotizzata, lo avrebbe condotto a “visitare” i reatini. Idea che poi, come si sa, al momento di stringere sulla fattibilità pratica si è dovuta accantonare.

Ma non si accantona la devozione dei tanti che, magari per un lascito generazionale che risale oltre i genitori e i nonni, ci tengono, eccome se ci tengono, a far parte del novero di quanti hanno l’onore di sorreggere il simulacro di Antonio di Padova. Devozione che non deve però essere fine a sé stessa, è il succo dell’omelia del frate conventuale, procuratore generale dell’Ordine dei francescani dal saio nero invitato a presiedere l’Eucaristia vespertina, il quale è affiancato dal confratello padre Luigi Faraglia, che è il membro conventuale della fraternità francescana “mista” di San Rufo che ha tra i suoi compiti anche assistere la Pia Unione Sant’Antonio.

È lui, all’inizio della Messa, a rivolgere il saluto a fra Di Paolo, il quale poi nell’omelia prende spunto dalle letture della liturgia domenicale per ricordare quanto la figura del santo portoghese che si fece seguace di Francesco d’Assisi incarni perfettamente la Parola proclamata. A partire dall’esortazione di san Paolo a essere “ricchi nella carità”. L’attenzione alla carità verso il prossimo – e l’impegno viscerale contro le ingiustizie che opprimevano al suo tempo la società padovana, cominciando dall’usura – è una delle caratteristiche del santo che viene definito “insigne patrono dei poveri e dei sofferenti”, ha ricordato il sacerdote.

E il brano evangelico che mostra la grande compassione di Gesù verso l’emorroissa e verso Giairo, la sua potenza sul male e sulla morte, diventano un insegnamento a farci carico delle sofferenze degli altri. La fede e la speranza mostrata verso Cristo diventa occasione di salvezza. E proprio questa, dice padre Maurizio, deve essere la “missione” di cui un portatore di sant’Antonio deve sentirsi investito: testimoniare la fede in Cristo, essere attenti alle sofferenze delle persone (magari segnalandole ai sacerdoti quando se ne viene a conoscenza) e farsi così in qualche modo strumenti dell’amore di Gesù che salva.

Un impegno significato nel “diploma” ufficiale di portatore consegnato poi a ciascun “fratello di sant’Antonio”.