Messa Crismale 2014 – Omelia del Vescovo Lucarelli

Carissimi sacerdoti e diaconi, fratelli e sorelle nel Signore!

Salvezza e pace vera a tutti!

Saluto con fraterna stima S. E. Mons. Lorenzo Chiarinelli e tutti voi convenuti a questa Messa Crismale: festa del sacerdozio, vale a dire di quella specifica funzione di noi consacrati anzitutto, ma anche di tutti i battezzati, di elevare il culto a Dio, un culto di sacrifici spirituali a Lui graditi, ma un culto che deve diventare vita pratica, vissuta, altrimenti sterile e vuota.

La Messa di quest’anno assume una colorazione particolare perché si svolge nell’anno diocesano della famiglia e in preparazione al Sinodo universale sulla famiglia.

I tre Olii che oggi vengono benedetti e consacrati sottolineano alcune tappe speciali che ogni famiglia cristiana si trova a vivere nel corso del tempo: dal Battesimo in cui facciamo il nostro ingresso nella vita ecclesiale e nella vita di grazia, e in cui veniamo unti con l’olio dei catecumeni e del crisma, alla confermazione nell’età della maturità così almeno dovrebbe essere – all’eventuale sacerdozio ministeriale in cui veniamo unti sempre con l’olio del crisma, fino all’unzione dei malati, l’ultima tappa della nostra vita.

Vorrei soffermarmi su queste tappe che ci fanno fotografare le famiglie cristiane alle prese con i grandi snodi della vita di fede, ma anche della vita quotidiana.

Provo ad immaginare gli interrogativi che molte giovani coppie si trovano a dover sciogliere quando decidono di battezzare un figlio; oggi non è più scontato, non siamo più in una società “naturaliter christiana” in cui era ovvio far battezzare i figli. Cosa dirà nostro figlio, che abbiamo fatto bene a battezzarlo? Ad ungerlo sacerdote, profeta e re? Ad introdurlo nella vita di grazia, ad inserirlo nella Chiesa, popolo di Dio in cammino, ma anche Chiesa invisa a molti, ritenuta causa di molte vicissitudini non propriamente luminose? Ma possiamo non introdurlo dove anche noi abbiamo ricevuto i primi rudimenti della fede, a volte restati tali, cioè rudimenti?

Eppure in questa Chiesa siamo stati avviati alla conoscenza delle relazioni buone, alla conoscenza di Gesù, della sua parola, della sua vita, passione, morte, risurrezione!

Tutto questo può essere indifferente alla crescita di nostro figlio? Lo avvieremo allo studio, alla cultura, alla musica, allo sport, e lo lasceremo ignaro in materia di fede, di religione, di vita spirituale?

E noi sacerdoti, mentre ungiamo questi bimbi con gli Olii sacri, ci mettiamo nei panni di queste coppie? Siamo capaci di addentrarci nei meandri delle loro domande, delle loro attese, delle loro problematiche? O diamo per certo che, se lo chiedono, è perché lo vogliono con vera convinzione?

Nella brevissima omelia che papa Francesco ha tenuto alcuni mesi fa in occasione della festa del Battesimo del Signore alla Sistina, in cui ha battezzato alcuni bambini, ha detto ai genitori, più o meno così: «tornate a casa con questo pensiero: dobbiamo essere trasmettitori della fede, che è la più bella eredità, e così faranno pure loro, i nostri bambini, quando saranno adulti, in una catena ininterrotta, che va dal Battesimo di Gesù fino a noi».

Abbiamo un’opera grande di evangelizzazione nei confronti di tanti giovani e di tante giovani coppie, ma dobbiamo trovare le modalità giuste, le motivazioni più suggestive che possiamo escogitare per suscitare in queste coppie un interesse che vada oltre la pura cerimonia dell’imposizione del nome. Ma poniamoci in una situazione di accoglienza e di ascolto, altrimenti non avremo successo.

Dopo il Battesimo i bambini crescono come dice il vangelo – in età e grazia: ce lo auguriamo di tutti i nostri fanciulli, fino ad incontrare ancora la comunità cristiana per la prima comunione e per la cresima, in cui ricevono un’altra volta l’ unzione del crisma.

È il momento della cresima, nel periodo dell’adolescenza. Altro snodo difficile. Ci suggerisce una pista ancora il papa, che si è rivolto così ai ragazzi che ha cresimato in una parrocchia romana: «È un invito che rivolgo a voi cresimandi e cresimande e a tutti: rimanete saldi nel cammino della fede con la ferma speranza nel Signore. Qui sta il segreto del nostro cammino! Lui ci dà il coraggio di andare controcorrente. Sentite bene, giovani: andare controcorrente; questo fa bene al cuore, ma ci vuole il coraggio per andare controcorrente e Lui ci dà questo coraggio! Non ci sono difficoltà, tribolazioni, incomprensioni che ci devono far paura se rimaniamo uniti a Dio come i tralci sono uniti alla vite, se non perdiamo l’amicizia con Lui, se gli facciamo sempre più spazio nella nostra vita. Questo anche e soprattutto se ci sentiamo poveri, deboli, peccatori, perché Dio dona forza alla nostra debolezza, ricchezza alla nostra povertà, conversione e perdono al nostro peccato».

Con questa unzione noi diciamo ai nostri giovani di andare controcorrente. Non sarà facile per loro, non sarà facile affrontare spesso perfino la derisione e la sfida. Anche qui non possiamo dare ogni cosa per scontata.

In questa età dobbiamo proporre ai giovani adolescenti qualche attività significativa nelle parrocchie, che li faccia sentire utili a livello comunitario e sociale, veri protagonisti e non semplici ascoltatori o esecutori di decisioni prese dagli adulti.

Qui dobbiamo sviluppare tutta la nostra creatività e attenzione, facendoci aiutare anche da persone competenti e sagge. Questa seconda unzione crismale deve essere aiutata dalla nostra opera educativa veramente accorta ed oculata; in tal modo molti giovani crederanno in quello che proponiamo e in quello che facciamo.

A questa età la proposta della Messa domenicale deve essere discreta e cordiale.

Qualsiasi tentativo di imposizione ci si ritorcerà contro. Riflettiamo bene su questo: lo dico ai sacerdoti e ai diaconi, ma anche ai genitori e ai catechisti. Confrontiamoci su questo e troviamo vie nuove, e se necessario anche inesplorate. Faremo un servizio buono anche alle famiglie nel suggerire piste educative equilibrate e significative.

Una buona adolescenza favorisce nei giovani anche scelte coraggiose, come quella alla vita coniugale e perché no?- alla vita religiosa o al sacerdozio. Anche qui il suggerimento di papa Francesco ci richiama all’originalità e all’origine del messaggio cristiano: «Gesù manda i suoi senza “borsa, né sacca, né sandali” (Lc 10,4). La diffusione del Vangelo non è assicurata né dal numero delle persone, né dal prestigio dell’istituzione, né dalla quantità di risorse disponibili. Quello che conta è essere permeati dall’amore di Cristo, lasciarsi condurre dallo Spirito Santo, e innestare la propria vita nell’albero della vita, che è la Croce del Signore».

La proposta di una vita “diversa” non può essere una battuta, né una forzatura alla persona, ma un accompagnamento a scoprire ciò che il Signore chiede: può essere un impegno laicale, la formazione di una famiglia, la scelta di vita di totale dedizione a Dio nella Chiesa.

La base della proposta vocazionale deve consistere nella scelta di una vita spesa per il prossimo, per la comunità, per la società.

Non scelte egoistiche e chiuse, ma altruistiche e aperte. È già molto se riusciamo a fare questo. Da scelte generose in favore degli altri possono nascere alcune scelte significative di speciale consacrazione all’interno della Chiesa. Dobbiamo riprendere il cammino vocazionale orientato in questo senso.

A tal proposito mi sento di ringraziare per gli sforzi che sta compiendo la pastorale giovanile in accordo con quella vocazionale. Sono segnali incoraggianti.

Poi sappiamo bene che la vita, dopo l’ampia parentesi della missione, del lavoro, dell’impegno sociale, politico, ecclesiale, si avvia verso il declino e la conclusione.

È la condizione umana che si sviluppa e volge poi al tramonto.

La pastorale della vicinanza alle persone anziane è quanto di più caro per noi sacerdoti, perché nei nostri anziani abbiamo spesso un validissimo aiuto, quando essi sono ancora attivi anche nelle nostre comunità. Ma da loro abbiamo un aiuto ancora più grande quando, ormai ritirati nella inattività, continuano a sostenerci con le preghiere e con il sacrificio. Non dimentichiamoci mai di loro, delle loro malattie, delle loro solitudini.

In questa età della vita l’olio per gli infermi dà consolazione allo spirito, rafforza la vita di fede, fa sentire la vicinanza della comunità ai nostri “vecchi”, lo dico tra virgolette e senza disprezzo, naturalmente.

Oggi che la medicina ha prolungato di parecchio le aspettative di vita e che riesce a guarire, curare o a ritardare molte malattie, spesso il tempo che porta all’incontro con il Signore, diventa particolarmente lungo e spesso penoso.

Anche questo tipo di pastorale è in qualche modo da reinventare, e l’unzione con l’olio degli infermi non può essere più un gesto fuori da uno specifico contesto, che è quello della vicinanza dei pastori e dei collaboratori nel momento della sofferenza, anzi di tutta la comunità.

Comprendiamo bene, carissimi, che anche solo le tappe che scandiscono le unzioni di questi Olii che oggi benediciamo (catecumeni e infermi) e consacriamo (crisma), ci offrono spazi vasti e variegati di pastorale familiare da attuare e da esplorare.

Dobbiamo spenderci con generosità e creatività in questo, senza ormai dilazionare scelte importanti ed urgenti.

Per incrementare ciò, miei cari sacerdoti e diaconi, fratelli e sorelle, ho compiuto di recente la scelta di nominare un nuovo Vicario Generale, che mi aiuti in questo ultimo scorcio del mio lungo episcopato qui in mezzo a voi, nella diocesi di Rieti.

L’ho scelto liberamente, dopo una lunga e ben ponderata meditazione e riflessione. Sono sicuro che don Jarek saprà onorare bene questa funzione e che tutti collaborino con lui e con me, perché questo periodo che ci separa dal prossimo episcopato non sia inattivo e solo di “ordinaria amministrazione” ma sia ricco di iniziative pastorali e di evangelizzazione.

Ringrazio con viva riconoscenza Mons. Ercole La Pietra, che per tanti anni ha svolto le funzioni di Vicario Generale, e sono certo di interpretare i sentimenti di tutti voi se Gli chiedo di continuare a pregare per la nostra diocesi e a dare i suoi preziosi e saggi suggerimenti per la vita della nostra comunità cristiana.

Prego con voi per i sacerdoti che ci hanno lasciato in questo anno… e a coloro che hanno compiuto il 25° e il 50° di sacerdozio rivolgo il mio sentito grazie.

Tutti hanno lavorato per la famiglia, come hanno potuto, segnando anche con i sacri Olii quelle tappe di cui abbiamo parlato.

Che il Signore faccia fluire sempre questi Olii sulle membra giovani o piagate dei suoi figli, perché partecipiamo tutti, con Lui, della sua vita, morte e risurrezione.

Nei prossimi giorni del sacro Triduo Pasquale vi raccomando di farvi veramente vicini alle nostre famiglie favorendo questa coscienza di essere salvati dalla morte e risurrezione del Signore.

Che il Signore ci benedica. Grazie a tutti e buone feste pasquali.