Mensa di Santa Chiara: i problemi non si risolvono con la caccia alle streghe

Abbandono nei vicoli del centro di sacchetti con i pasti e messaggi di ingiurie attaccati al portone: clima pesante attorno alla Mensa di Santa Chiara

«L’abbandono nei vicoli del centro di sacchetti con i pasti prima, i messaggi di ingiurie attaccati al portone di Santa Chiara poi, sono segni di un clima pesante che registriamo in questi giorni intorno alla Mensa e che dopo aver segnalato alle istituzioni vogliamo rappresentare anche alla città che ci sostiene nel nostro impegno a favore degli ultimi». A parlare così è Stefania Marinetti, presidente della Mensa di Santa Chiara, nata 20 anni fa su iniziativa dei Terziari francescani legati a Fonte Colombo e cresciuta grazie al contributo di enti pubblici e privati e associazioni del territorio e al lavoro di centinaia di volontari laici e cattolici.

«I primi ad essere danneggiati dall’abbandono del cibo siamo noi e tutti coloro che ogni giorno rendono possibile mettere insieme un pasto per le persone che bussano alla Mensa, perciò abbiamo intensificato i controlli e razionalizzato la distribuzione», continua Marinetti. «Ma questo non deve indurre alla caccia alle streghe o al finto povero. A Rieti sono centinaia le persone nel bisogno, straniere o italiane per noi non fa differenza, e a tutte cerchiamo di dare un aiuto grazie anche al canale sempre aperto con le istituzioni».

«D’altronde siamo noi per primi a scontare una situazione di disagio, non potendo usare pienamente come mensa l’attuale sede. Il vescovo Domenico Pompili si sta impegnando al massimo per aprirci le porte dell’ex Seminario e quando questo avverrà potremo ripristinare il servizio com’era agli inizi: uno spazio dove trovare con un pasto caldo quell’accoglienza che fa la differenza tra una mensa dove si condivide qualcosa e uno spaccio dove si prende e si va via. Nel frattempo andiamo avanti, pur tra tante difficoltà e grazie alla generosità di chi ci sostiene, perché il bisogno è tanto e tale da non consentirci fughe».