Meeting Sant’Egidio: insieme scegliamo il coraggio della pace

Rilanciato da Roma, grazie anche all’incoraggiamento di Papa Francesco, lo spirito di Assisi. Oggi le religioni sono chiamate a confrontarsi, a uscire da orizzonti autoreferenziali e affrontare i problemi della convivenza tra diversi, gli odi, le guerre. Nessuna giustificazione religiosa alla violenza e al terrorismo

Nel Novecento il messaggio di san Francesco è tornato nel cuore di tanti. Il santo, così vicino al Vangelo, parla ancora alle donne e agli uomini contemporanei, nonostante i quasi otto secoli dalla sua morte. Così Assisi, la sua patria, è una meta per milioni di persone, attratte dal suo messaggio. Anche i Papi sono tornati ad Assisi e, ultimo, Papa Francesco.

Giovanni Paolo II sentiva con intensità il messaggio di Assisi. Non deve sorprendere, allora, che, nel 1986, quando decise di convocare i leader cristiani e delle grandi religioni per pregare per la pace, abbia pensato proprio ad Assisi.

Il messaggio è chiaro: le religioni non giustificano il terrorismo e la guerra, ma sono insieme per la pace. Nel mondo globale si affaccia sempre di più una grande sfida spirituale: la questione dell’altro, del vicino differente da me, con un’altra fede, un’altra storia. Senza affrontare questa sfida, la pace è difficile, forse impossibile. È necessario trovare il senso spirituale dello stare vicino all’altro.

Giovanni Paolo II lo aveva intuito: per lui il problema della pace riguardava intimamente le religioni. Le religioni come elemento decisivo per la pace. Bisognava avvicinare i popoli credenti e far emergere una cultura vissuta di pace. Era convinto che, a partire dalla preghiera, l’amicizia tra le religioni aiutasse a vivere insieme, sconfiggesse la guerra e delegittimasse il terrorismo.

Dal quel lontano 1986, Giovanni Paolo II ha incoraggiato il lavoro della Comunità di Sant’Egidio che, anno dopo anno, ha continuato gli incontri con personalità di tutte le religioni e del pensiero laico umanista, convinta che lo spirito di Assisi debba espandersi e non essere un fatto isolato: “Quasi prolungando lo spirito di Assisi, si è continuato a organizzare queste riunioni di preghiera e di comune riflessione – ha scritto il Papa nel 2002 – e ringrazio la Comunità di Sant’Egidio per il coraggio e l’audacia con cui ha ripreso lo spirito di Assisi che di anno in anno ha fatto sentire la sua forza in varie città del mondo”.

E Papa Francesco, quest’anno, ricevendo in visita i leader delle Chiese cristiane e delle grandi religioni mondiali che si sono riuniti a Roma, per tre giorni, su iniziativa di Sant’Egidio, ha detto: “Voi avete continuato tale cammino e ne avete accresciuto lo slancio, coinvolgendo nel dialogo significative personalità di tutte le religioni ed esponenti laici e umanisti. Proprio in questi mesi, sentiamo che il mondo ha bisogno dello ‘spirito’ che ha animato quello storico incontro. Perché? Perché ha tanto bisogno di pace. No! Non possiamo mai rassegnarci di fronte al dolore di interi popoli, ostaggio della guerra, della miseria, dello sfruttamento. Non possiamo assistere indifferenti e impotenti al dramma di bambini, famiglie, anziani, colpiti dalla violenza. Non possiamo lasciare che il terrorismo imprigioni il cuore di pochi violenti per seminare dolore e morte a tanti. In modo speciale diciamo con forza, tutti, continuamente, che non può esservi alcuna giustificazione religiosa alla violenza”.

È necessario ritrovare “Il coraggio della speranza”, titolo del Meeting ma anche tema impegnativo su cui le religioni sono chiamate a confrontarsi: è la via per uscire da orizzonti autoreferenziali e affrontare i problemi della convivenza tra diversi, gli odi, le guerre. Ci vuole coraggio di fronte al terrorismo religioso che colpisce minoranze di credenti innocenti, come quei cristiani pakistani uccisi fuori da una chiesa o quei musulmani sterminati da un kamikaze a un funerale sciita di Bagdad.

È necessario coraggio per riprendere il sogno di pace, in un mondo dove c’è troppa violenza e le ragioni della pace sembrano deboli e incerte. Non ci siamo rassegnati a considerare la violenza e la guerra come compagne della nostra stessa cronaca e forse della storia? Il coraggio di parlare di pace e la ferma speranza che la pace è possibile: questo è il senso dell’Incontro di Roma, che ha raccolto migliaia di donne e uomini diversi, di culture e religioni differenti, accanto a rappresentati del pensiero umanista. È un segno di speranza in quella Roma, da cui Papa Francesco, parlando di Dio, continua a invocare la pace, senza accettare la rassegnazione di un mondo che non riesce a ritrovare il coraggio della speranza.