Manifesto

Il sistema dominante nell’esigenza di mantenere intatto l’individualismo egoistico contemporaneo e di tutti i costumi ad esso connessi, inizia finalmente a manifestare tutta la sua insofferenza verso le libertà politiche e gli istituti della democrazia.

fuori moda


Il pensiero ideologico è ormai fuori moda, ed a questo si suole contrapporre il vago sogno di una umanità pacificata nel godimento di beni economici producibili all’infinito e resi per forza utili dalle gare pubblicitarie. È il sogno di una vita tutta raccolta nel seno di una confortevole quanto inutile esistenza, di una confortevole quanto inutile società, in cui sarà superfluo anche solo ricordare quanto vano sia l’impegno in una lotta disperata di ogni uomo ed ogni donna contro la tirannia dell’impero del denaro, pur senza indicazione di qual forma di Stato e di governo saremo alla fine costretti ad accettare.

piaceri banali e un po’ volgari


Ci dicono che c’è una grande esagerazione nel quadro che si traccia dei presenti assetti economici, come esclusivamente asserviti all’idolo del “guadagno”, ma resta comunque di grande consolazione, per la versione neoliberale del sistema capitalistico, la constatazione che il relativismo filosofico che da tempo si è impadronito della cultura occidentale, ha certamente reso difficile l’affermarsi stabile in essa di qualsivoglia alto e nobile ideale, che ottenga l’adesione di vaste masse e ne guidi la condotta, mentre prevale, non solo presso le disincantate élites, ma presso le stesse masse, soprattutto l’interesse, nel tempo libero, per il mondo eccitante dei sensi e per quei «piaceri banali e un po’ volgari» che già Tocqueville nell’Ottocento denunciava come segno di una società composta da individui attenti solo al loro “particolare”.

la legittima prevaricazione


 

Libero sfogo, allora, alle prevaricazioni dello spirito di competizione, presenti un po’ a tutti i livelli nell’attuale mondo dell’economia, al tutti contro tutti e alla sfera del privato anche oltre i limiti massimi tollerati dai valori del modello politico di riferimento. Del resto di cosa lamentarsi, lavoratori vessati e sottopagati ed elemosinatori di diritti, quando esso stesso potrebbe da un momento all’altro concedervi la grazia di poter scegliere, ma solo “in tempi ordinari”, anche assetti di governo di marca socialdemocratica con salvezza (sia chiaro) dell’impronta borghese della società. In situazioni di emergenza, saranno consentite persino deroghe consistenti alle regole di governo a senso unico dell’economia e ai limiti ordinari di espansione massima dell’intervento pubblico, sul presupposto, però, di un successivo quanto rapido rientro nei quadri del sistema quando l’emergenza sarà passata.

il modello “giusto”


Il teatrino del denaro si è trasferito alla Scala e le persone vengono ormai assoggettate in massa alle complesse reti di regolamenti stabiliti dalle autorità bancarie al fine di soddisfare il gusto e l’ambizione di cercare nell’acquisto di beni di consumo la realizzazione di sé stessi.

Questo tipo di modello, ritenuto il solo giusto, proprio nell’esigenza di mantenere intatto l’individualismo egoistico contemporaneo, e di tutti i costumi ad esso connessi, inizia finalmente a manifestare tutta la sua insofferenza verso le libertà politiche e gli istituti della democrazia, soffiando sul fuoco di un generalizzato e grande senso di stanchezza verso la libertà; una nascente antipatia per le libere istituzioni e i processi democratici in generale, sullo sfondo della pericolosa equazione “politica uguale corruzione”. Da qui l’insofferenza per la vita sociale organizzata e per i meccanismi costituzionali troppo lenti e inefficienti. In Italia abbiamo tutti sott’occhio un cosi detto governo tecnico composto dai complici della finanza d’assalto, con il sostegno degli squadristi del giornalismo nostrano e dei portaborse di questo o quello schieramento.

Il nuovo mito è l’efficienza, il vecchio nemico è il Parlamento: si disprezza la costituzione esistente senza essere in grado neppure di leggerla e vagheggiando tuttavia una sua modifica in senso presidenzialista e antiparlamentare.

un’aria pericolosa


Dovunque, in Europa, si respira un’aria molto vecchia e molto pericolosa che produce insofferenza e appunto stanchezza verso la democrazia. Non sembri inutile ricordare l’esistenza in Europa di un processo intellettuale che, tra la fine dell’Ottocento e l’avvento del nazismo, vide molti valentuomini, in origine liberali, democratici e socialisti, opporsi a quel regime liberal-democratico che allora sembrava dominare il continente, sia pure in varia misura. E non era, si badi, un’opposizione per migliorare quei regimi, per renderli veramente democratici. Era l’opposizione dei “delusi della libertà”, come li chiamò Paolo Vita Finzi in un vecchio libro (Le delusioni della libertà), che oggi occorre rileggere per trovare impressionanti analogie con il nostro tempo, e per diffidare di chi vorrebbe ridurre, o distruggere, la democrazia nel nome di un apparente liberalismo e liberismo.

Nel secolo scorso sapemmo dar vita ad una grande stagione di rinascita civile, sociale e politica, tra le macerie lasciate da una guerra disastrosa e a distanza di neanche settanta anni ci siamo ridotti a dover accattare ciò che è sempre stato nostro.

E allora, accattoni di tutto il mondo, uniamoci…