Mafia Capitale: sul Reatino l’ombra lunga del malaffare

Alcuni filoni della vicenda che ha travolto la capitale hanno raggiunto la provincia Nel mirino servizi e anche l’appalto per la gestione dei rifiuti.

E dire che allo scandalo di “Mafia Capitale” anche il vescovo di Rieti, nell’omelia di santa Barbara, aveva voluto fare riferimento nella sua omelia: parlando a fedeli e autorità radunati in Duomo per la festa della patrona, monsignor Delio Lucarelli non aveva mancato di evidenziare le notizie romane «relative ad una organizzazione criminale che speculava su tutto, poveri compresi», facendo un triste parallelo con altre situazioni locali, dato che, proseguiva il presule, «speculazioni sui soldi per i poveri e per i rifugiati, vi sono state e vi sono ancora, anche qui da noi!».

Il riferimento di Lucarelli era all’inchiesta della Guardia di finanza sull’uso fatto da parte di cooperative dei fondi erogati per la gestione dell’emergenza rifugiati: un penoso “con gli immigrati si guadagna!” che non ha risparmiato la realtà reatina.

Pochi giorni, ed ecco che l’inchiesta relativa all’organizzazione criminale romana prende vari rivoli che si riversano sul territorio laziale, arrivando a lambire anche Rieti. E se un risvolto ha del folkloristico, con la battuta di Matteo Renzi sui «tangentari all’amatriciana» che manda su tutte le furie la cittadina di Amatrice (stanca di sentir sempre il suo nome quale metafora di roba indegna), quelli di carattere giudiziario hanno sfaccetature ben più serie. La faccenda della battuta renziana si esaurisce con la replica stizzita del sindaco di Amatrice, Sergio Pirozzi, che manda a dire al premier quanto gli amatriciani siano «stufi di veder accostare il nome di Amatrice a malaffare e ruberie di ogni genere: passi per un giornale, passi per un personaggio dello spettacolo, ma mi permetta, non lo posso accettare dal mio presidente del Consiglio!».

Gli sviluppi dell’inchiesta della Procura di Roma continuano invece ad attirare l’attenzione delle cronache sui collegamenti locali. Cominciando dalle origini di uno dei protagonisti: quel Salvatore Buzzi che è originario di Pratoianni. Con la ridente frazione del comune di Concerviano, da cui proviene la sua famiglia, poi trasferitasi a Roma, Buzzi non aveva mantenuto molti rapporti, anche se in paese, dove di tanto in tanto tornava in vacanza, ricordano bene i suoi trascorsi da scavezzacollo e la condanna per omicidio nell’80, anche se i guai con la giustizia sembravano ormai acqua passata.

Ora la nuova storia su cui indagano i magistrati romani, che in alcuni suoi filoni giunge al territorio reatino. C’è l’affare delle pompe di benzina, legato alle attività di Giovanni Di Carlo, uno degli arrestati, al cui businnes pare facciano riferimento un paio di impianti in loco: uno alle porte di Rieti, l’altro sulla Salaria verso Ascoli Piceno.

Ma un altro possibile collegamento sta emergendo, e riguarda il tormentato affaire dei rifiuti, che in provincia costituisce da tempo uno dei temi maggiormente oggetti di dibattito politico e aspra polemica. Si è tirata fuori la recente gara d’appalto dell’Amministrazione provinciale per la scelta del socio privato della Saprodir, società creata dall’ex presidente Fabio Melilli, vinta da un consorzio abruzzese: ebbene, della commissione che curava l’appalto faceva parte Giovanni Fiscon, l’ingegnere a capo dell’Ama arrestato con vari altri dei “colletti bianchi” dell’Urbe collusi con Carminati e Buzzi. Ora l’Asm, la munipalizzata del capoluogo reatino che alla gara era arrivata ultima, dopo l’arresto chiede di rivedere il tutto.

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