Papa Bendetto XVI

L’ultimo saluto a papa Benedetto

Giornate di inizio anno segnate dal lutto per il Papa Emerito Benedetto XVI: migliaia di persone da tutto il mondo hanno reso omaggio alla salma di Ratzinger e preso parte alle esequie presiedute da Bergoglio

Giornate di inizio anno segnate dal lutto per il Papa Emerito Benedetto XVI. Alla vigilia del funerale, il clima, in una zona San Pietro blindatissima, appariva quello delle grandi occasioni: tra i vicoli in zona Borgo Pio ancora illuminati per le feste natalizie si percepiva un’atmosfera di solennità e attesa mista ad una certa tristezza. Nei locali della Sala Stampa vaticana, fra la segreteria in via della Conciliazione e il centro operativo in via dell’Ospedale, è stato un continuo un viavai di giornalisti di tutte le testate del mondo. Per gli addetti ai lavori, anche un’ottima occasione per conoscersi e confrontarsi sul modo di lavorare e sul modo di percepire la notizia della morte di papa Ratzinger nei rispettivi Paesi. Ai reporter tedeschi, si lucidano gli occhi.

«Sono state molte le veglie di preghiera, soprattutto nella sua Baviera – raccontano i colleghi provenienti dalla Nazione d’origine di Benedetto XVI – e chi non ha potuto partecipare ha comunque acceso un lume alla finestra».

A turni stabiliti, cartellino di iscrizione all’Ordine professionale sempre alla mano per i continui controlli, pool di operatori della stampa mondiale sono stati ordinatamente accompagnati in Basilica, a ridosso della quale i fedeli – una volta superati i controlli ferrei al limitare della piazza – si sono disposti in lunghissime file per rendere omaggio alla salma esposta in San Pietro. All’interno, un continuo e costante procedere al centro della navata verso l’altare della Confessione ai cui piedi è stato disposto il catafalco con le spoglie mortali di Benedetto XVI.

La gente in fila è silenziosa, composta. Alcuni fedeli pregano, una signora straniera reclama, intima ai giornalisti di fare silenzio: «Signora, noi lavoriamo con le parole», è la risposta di un operatore che mostra il pass della Sala Stampa. Ci sono persone di ogni età, ogni tanto spunta qualche cartello con la foto del “papa della rinuncia”, e qua e là si scorgono gli appelli al “Santo subito”. La stessa frase che l’indomani, al termine della Messa esequiale, sarà gridata a gran voce in piazza San Pietro, bissando quel che era stato per i funerali del predecessore papa Giovanni Paolo II. Esequie che lo stesso Ratzinger, in veste di decano del Collegio Cardinalizio, aveva presieduto in quell’aprile del 2005. In questo caso oggettivamente non si è manifestato lo stesso tripudio di folla che invase Roma alla morte di Wojtyla, del resto è stato lo stesso Vaticano ad aver sottolineato in vari modi, a partire dagli uffici rimasti aperti fino ad arrivare ad altri segnali, che il Papa defunto non era tuttora regnante ma emerito.

Tuttavia, anche per il primo Pontefice della storia a congedarsi dalla vita terrena col ruolo di emerito, l’affetto dei credenti si è manifestato con grande affetto ed intensità. In una Roma per le feste natalizie invasa dai turisti dopo gli anni di stop dovuti alla pandemia, sono state tante le persone che hanno approfittato per rivolgere l’omaggio alle spoglie del pastore defunto. Così è stato per diversi italiani, come i coniugi Generoso e Patrizia da Avellino, in fila ai varchi insieme ai tre figli: «Avevamo già prenotato un soggiorno romano per questi giorni e non ci siamo voluti perdere l’occasione», dice la coppia campana manifestando «un affetto grande per questo Papa: eravamo qui, nel 2005, alla cerimonia di inizio del ministero pontificio, sposati da poco». I tre ragazzi adolescenti Virginia, Benedetta e Vincenzo, sono arrivati dopo, a distanza ravvicinata, ma affermano di ricordare bene, negli anni della loro infanzia, il Pontefice tedesco. I genitori non hanno dovuto trascinarli qui con troppi sforzi, sono ben contenti di poter rivolgergli l’estremo saluto.

Stessa cosa per una coppia di fidanzati milanesi, giunti nella Capitale per godersela illuminata dall’atmosfera festiva: «Eravamo venuti per altro, poi è capitata questa cosa. Non abbiamo perso l’occasione per rendere omaggio a papa Ratzinger, anche se ci dispiace un po’ non goderci appieno la bellezza della Basilica».

Un fiore nell’androne dello storico appartamento di papa Benedetto XVI, al civico 1 di piazza della Città Leonina, assiepata di fedeli in coda e una massiccia presenza di forze dell’ordine. Qui, nel quartiere Borgo, attorno al Vaticano, si tratta di salutare uno «di casa», il «cardinale col basco nero calato sulla testa, sempre gentile e con un saluto per tutti». I ristoranti e i negozi di souvenir religiosi sono letteralmente presi d’assalto da turisti e giornalisti, ma anche da suore e sacerdoti stranieri che, oltre a far incetta di immaginette e libri del grande teologo bavarese, non disdegnano di gustarsi qualche buon piatto della tipica cucina romana. Molti, hanno in mano l’Osservatore Romano listato a lutto per l’edizione speciale che è stata distribuita ai fedeli anche il giorno del funerale. Tutti hanno belle parole per il ricordo di papa Benedetto XVI, definito «il pensatore», «il teologo», oppure un nonno che non si vedeva pubblicamente, ma si sapeva ci fosse.

Alcuni giornali hanno pubblicato la piantina dei locali preferiti da Ratzinger, grande estimatore della buona cucina, e allora turisti e reporter non mancano di chiedere ed anche assaggiare ciò che piaceva al Papa Emerito. Antonello del ristorante “Al passetto di Borgo”, noto come “la trattoria del cardinale” serve carbonara mentre parla con i giornalisti: «Siamo invasi, tutti chiedono che tipo era, cosa mangiava, come si comportava. Rispondo a tutti la stessa cosa, una persona cordialissima, gentile, aperta a provare nuovi sapori». Qui, a cento metri dalla sua abitazione, Ratzinger veniva a pranzo e a cena, alternando il locale alla “Cantina Tirolese”, poco lontano da Castel Sant’Angelo, dove andava per gustare i piatti della sua terra. Il suo piatto preferito pare fosse la fritatensuppe, il brodo di carne con tagliolini di crespelle tipico dell’area tedesca e austriaca. E non sapeva resistere all’amatissimo strudel. «Per noi era un vicino di casa, siamo abituati agli alti prelati», sono le parole di Raffaella, residente con il marito e la figlia ventenne a Città del Vaticano. Anche lei ricorda le abitudini portate avanti per oltre un ventennio dal Papa Emerito, allora cardinale, molto avvezzo ad una quotidianità scandita da orari e consuetudini uguali nel tempo. Sempre gli stessi negozi, lo stesso pane, la stessa veloce passeggiata mattutina. L’allora prefetto della Dottrina della Fede era molto discreto e silenzioso, «sempre assorto nei suoi pensieri, nei suoi studi».

Se il mondo della Chiesa lo ricorda come il Papa teologo, il grande letterato, qui lo chiamano ancora «il cardinale». Perché è così che lo hanno conosciuto, perché è così che lo chiamavano tutti prima del Conclave dell’aprile 2005, quando «lo rivedemmo alla finestra». Tutti pregarono per lui, quando seppero della rinuncia «sicuramente dolorosa». E Roma intera, non solo quella dei credenti, si fermò un attimo nel limpido pomeriggio di giovedì 28 febbraio 2013, quando l’elicottero con a bordo Benedetto XVI attraversò lentamente la città per condurlo alla residenza di Castel Gandolfo. Chi c’era, quel momento non lo dimenticherà mai. Lavoratori e studenti, turisti e residenti salutarono con la mano verso il cielo. Perfino le macchine accodate nel traffico del Lungotevere arrestarono la loro frenetica corsa; quando scattò il verde non era pronte a partire come sempre, perché gli autisti erano distratti da un surreale silenzio squarciato solo dal rumore di un elicottero bianco che stava scrivendo la storia.