Luisa Brancaccio al Premio Letterario Città di Rieti

La scrittrice Luisa Brancaccio con l’opera “Stanno tutti bene tranne me” (Einaudi), mercoledì 20 maggio alle 17, concluderà gli incontri con gli autori della VII edizione del Premio Letterario Città di Rieti Centro d’Italia, organizzato dall’assessorato alla Cultura e dalla Biblioteca Comunale Paroniana, in collaborazione con gli Istituti Scolastici Superiori di Rieti: IIS M. T. Varrone, ITE Luigi di Savoia, Istituto Magistrale Elena Principessa di Napoli, Liceo Scientifico C. Jucci, IIS C. Rosatelli; e il corso di Giornalismo dell’Associazione Culturale Reatina Domenico Petrini.
Luisa Brancaccio è nata a Napoli nel 1970 e vive a Roma. Ha scritto con Niccolò Ammaniti il racconto “Serotina” pubblicato in Gioventù cannibale (Einaudi 1996).
“Stanno tutti bene tranne me” (Einaudi 2013) è il suo primo romanzo. Vincitore della menzione speciale per il soggetto e le tematiche trattate al Premio letterario Hermann Geigher (2014). Vincitore del Pemio John Fante opera prima (2014). Vincitore del premio opera prima “Stefano Tassinari” al Premio Letterario Nazionale “Paolo Volponi” (2014).
Alberi, costellazioni, cani, insetti, rampicanti sono ovunque tra le pagine di questo romanzo d’esordio feroce e nello stesso tempo toccante. La storia è potentissima e la scrittura capace di continue accensioni, lo sguardo sulle vicende umane è quasi naturalistico, senza giudizio, ha qualcosa di scientifico, seziona e analizza concetti giganteschi e solidissimi come la famiglia, il sesso, la vita e la morte rivelando un talento spiazzante. In questo romanzo ci sono varie storie che si sfiorano, ci sono vicini di casa, animali domestici, uno psicanalista, una donna delle pulizie, tappeti, librerie e tutta la tranquillità della vita borghese. Una tranquillità che funziona quasi come un farmaco, che stordisce e crea dipendenza. Margherita, per esempio. Quando si è sposata, suo marito le è sembrato l’uomo perfetto, forte e vincente. Solo ora si rende conto del fallimento, di vivere con un estraneo, anaffettivo e incapace di empatia fino alla crudeltà. Poi arriva un colpo di scena destabilizzante non solo per il lettore ma anche per lei. E la sua vita si spacca in due. Il fallimento diventa tangibile, biologico. La famiglia borghese diventa un mostro che la tiene in trappola con i suoi meccanismi di agghiacciante normalità. Ma Margherita sarà la spia d’allarme, la bocca che urla, il dito che indica. Scaverà nella normalità come si scava nella terra, sporcandosi le mani. E scoprirà che il mostro è reale, in carne e ossa e la famiglia è solo la sua tana. E gli altri? Com’è fatta la vita degli altri? Margherita guarda i suoi vicini di casa a cui è appena morto un figlio neonato e si chiede come facciano a sopportare tanto dolore. Ma questo è un libro sul superamento del dolore. Coglie i protagonisti nel momento della scelta: restare fermi sull’orlo dell’abisso a contemplare la catastrofe oppure andare avanti, continuare a vivere. Non è una scelta ragionata, è piuttosto una pulsione alla vita che appartiene a tutti gli animali, alle piante, a tutti gli organismi.