Lotta alle dipendenze: il welfare arretra, i cattolici non mollano

Su invito di Caritas italiana, riunite a Roma tutte le organizzazioni storiche. Monsignor Nunzio Galantino, segretario generale della Cei, ha ribadito alle comunità terapeutiche e d’accoglienza “la piena e totale vicinanza della Chiesa”. Ha messo in guardia dagli “sciacalli che stanno intorno ai poveri, agli immigrati, a chi lavora per venire incontro ai bisogni di chi è in difficoltà”.

Le comunità di recupero d’ispirazione cristiana, che operano da anni in Italia per aiutare e accogliere le persone con problemi di dipendenza da droghe, alcool, gioco d’azzardo, sono un grande valore per la Chiesa italiana. È stato ribadito più volte durante l’incontro di oggi, che per la prima volta, su invito di Caritas italiana, ha visto riunite a Roma tutte le organizzazioni storiche che lavorano in quest’ambito: Associazione Papa Giovanni XXIII, Casa dei Giovani, Comunità Emmanuel, Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza (Cnca), Federazione Italiana Comunità Terapeutiche (Fict), Federazione Scs/Cnos-Salesiani per il sociale e Fondazione Exodus. Monsignor Nunzio Galantino, segretario generale della Cei, ha ribadito alle comunità terapeutiche e d’accoglienza “la piena e totale vicinanza della Chiesa, nonostante le difficoltà dovute ai tagli nel welfare”. In occasione dell’incontro è stato presentato anche un Manifesto che indica il senso del percorso appena avviato, caratterizzato da quattro parole chiave: l’accoglienza, l’educare, la profezia e l’ecclesialità.

Il welfare è un investimento. Il welfare, ha precisato il segretario della Cei, “non è una spesa ma un investimento. Come Chiesa lo stiamo facendo: riceviamo ogni anno 1 miliardo dall’otto per mille ma restituiamo in servizi sociali almeno 11 miliardi. Questo è bene che si sappia”. “Quello che voi fate e facciamo – ha scandito – appartiene a pieno titolo all’azione della Chiesa e non è frutto della fissazione di qualcuno. Gente che rende bello e accattivante il volto della Chiesa perché cerca di piegarsi, con tutti i limiti del mondo, su certe piaghe”. Monsignor Galantino ha rifiutato di nuovo l’etichetta di “prete di strada”: “Siamo gente che crede al Vangelo e si è sentita di rispondere in prima persona a chi bussa per problemi, che sia il tossicodipendente, il povero o l’immigrato”. “Dobbiamo essere gente attenta agli umanesimi negati, che in Cristo cerca di farli diventare umanesimi riusciti”, ha concluso. Parlando poi ai giornalisti monsignor Galantino ha invitato a fare attenzione agli “sciacalli che stanno intorno ai poveri, agli immigrati, a chi lavora per venire incontro ai bisogni di chi è in difficoltà”. Anche monsignor Francesco Soddu, direttore di Caritas italiana, ha rimarcato la necessità di andare incontro a “tante, troppe storie che mancano di orizzonti e di speranza. Il lavoro, lo sport, la vita sana sono la strada per la prevenzione dalla droga. Se si realizzano questi ‘sì’ non c’è più posto per l’abuso di alcool e altre dipendenze. Facciamo la nostra parte per costruire un luogo di confronto stabile e condividere le diverse sensibilità e percorsi”.

In Europa 85 milioni di persone con problemi di dipendenza. Tante le riflessioni e le testimonianze di chi lavora in prima linea. In Europa, ha ricordato don Armando Zappolini, presidente del Coordinamento nazionale comunità di accoglienza (Cnca), vi sono almeno “85 milioni di persone che consumano droghe. Una vera emergenza sociale ed educativa”. Don Zappolini non ha taciuto situazioni che spesso hanno coinvolto anche i cattolici, come lo stigma sociale nei confronti dei tossicodipendenti, una sorta di “follia punitiva”. “Il drogato – ha osservato – viene sempre visto come uno che se l’è andata a cercare, uno che va chiuso da qualche parte per diversi anni. Questo approccio ideologico non ha visto immuni i cristiani e anche le esperienze di accoglienza e di profezia da parte delle comunità non hanno trovato in questi anni sufficiente attenzione nelle comunità, limitando così il frutto di un reciproco arricchimento”. “È venuto il momento – ha auspicato – di costruire un luogo di confronto permanente per condividere le diverse sensibilità all’interno della comunità cristiana e insieme agli organismi della Cei”.

La mano tesa.
La centralità della persona “a partire dalla mano tesa verso chi è caduto” è stata ribadita da donMimmo Battaglia, presidente della Federazione italiana comunità terapeutiche, che ha messo in evidenza le enormi difficoltà provocate dai tagli al welfare, con comunità di recupero costrette a chiudere proprio mentre le persone sono sempre più fragili e più smarrite. “In nome della crisi grossi pezzi sociali sono stati rosicchiati, gli amministratori rispondono: siamo in ‘spending review’. A farne le spese negli anni sono stati i più deboli e quelli che costruiscono e difendono diritti”, ha denunciato. La solitudine e l’aumento di problemi psico-patologici sono infatti i fattori che spingono le persone ad abusare di sostanze, come ha fatto presente Bartolomeo Barberisdell’Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII. La cura della vita delle persone passa quindi attraverso il percorso psicologico o psichiatrico e “la cura delle relazioni”, perché “in fondo la tossicodipendenza è una grave patologia della dimensione relazionale: le forme compulsive di dipendenza, sono una risposta sbagliata per coprire il vuoto che la persona vive quando non riesce a stabilire un rapporto con gli altri”.