Scienza

L’orologio asincrono

Una recente ricerca ha messo in evidenza come il lavoro che prevede turni notturni provochi nel nostro organismo uno sfasamento di svariati processi metabolici, che altrimenti avverrebbero in modo sincronizzato.

Il frenetico tram-tram quotidiano delle nostre società (cosiddette) “evolute” travolge ormai tutto e tutti. La logica della produttività, in tutti i campi, non intende ragioni e esibisce sempre più cinicamente una supremazia quasi assoluta sull’organizzazione della vita sociale. Purtroppo, spesso lasciando sul campo molte vittime (in senso figurato e materiale). In molti casi, infatti, sembra che persino la nostra umanità, con i suoi bisogni naturali e costitutivi, debba cedere il passo e piegarsi ai doveri e ai ritmi che “sua maestà la produzione” reclama, ma che poco si confanno alle nostre esigenze basilari, a partire da quelle bio-fisiologiche. E così succede che, nel tempo, il nostro organismo – forzato ad adattarsi a modalità contrarie alle proprie regole – prima o poi presenti il conto! E a volte, un conto “salato”!
Solo per fare un esempio, una recente ricerca, realizzata da ricercatori della Washington State University (Usa) e dell’Università del Surrey (Uk), ha messo in evidenza come il lavoro che prevede turni notturni provochi nel nostro organismo uno sfasamento di svariati processi metabolici, che altrimenti avverrebbero in modo sincronizzato. Lo studio (pubblicato sui “Proceedings of he National Academy of Sciences”) da ragione – almeno parzialmente – dell’aumento del rischio di diabete, obesità, patologie cardiocircolatorie, e perfino cancro, rilevato in questo tipo di lavoratori.
La scienza ci aveva già insegnato come il nostro principale orologio biologico – ovvero quello cerebrale – normalmente sia in grado di mantenere i ritmi di funzionamento dell’organismo in sincronia con il ciclo giorno-notte; per calibrarsi, esso utilizza gli stimoli della luce diurna. Ora, però, il team di ricerca guidato da Hans Van Dongen, della Washington State University, ha scoperto che al controllo di questo “orologio” cerebrale, in realtà, sfuggono diversi cicli metabolici circadiani. Fegato, intestino e pancreas, infatti, hanno un proprio orologio biologico autonomo, non calibrato sull’alternanza tra luce e buio.
Lo studio, che ha portato a questi risultati, è stato condotto da Van Dongen e colleghi sottoponendo un gruppo di volontari ad una simulazione (in laboratorio) di un lavoro organizzato su turni. I ricercatori hanno quindi prelevato alcuni campioni di sangue dei volontari per analizzare i metaboliti prodotti nelle cellule e negli organi. Ebbene, si è potuto evidenziare come, in seguito a un solo turno lavorativo di notte, l’orologio biologico cerebrale si fosse spostato di due ore, mentre quello che controlla il metabolismo digestivo mostrava uno sfasamento di ben 12 ore! “Di conseguenza – spiega Van Dongen – alcuni segnali biologici nel corpo dei lavoratori su turni dicono che è giorno, mentre altri segnali dicono che è notte, e questo provoca disturbi generali in tutto il metabolismo”.
Questa ricerca si è arrestata qui. Ma si dovrà proseguire per verificare se questa discrepanza sia in realtà legata all’alterazione dei ritmi di sonno/veglia, o al cambiamento di orari dei pasti. I ricercatori, inoltre, intendono scoprire se questo particolare tipo di alterazione dei ritmi possa intervenire direttamente sullo sviluppo di altre patologie croniche a cui i lavoratori a turni sono più soggetti (ad es. malattie renali croniche, il cancro al seno, alla prostata e alla pelle).