Mai così lontane Mosca e Washington. Nessuno, però, colpirebbe per primo

La catastrofe nucleare non è dietro l’angolo, perché i governi di Mosca e Washington non hanno intenzione di scatenare una guerra aperta e diretta, ma la situazione è sufficientemente grave da preoccuparsi seriamente e da meritare la massima attenzione, da parte delle cancellerie europee e dell’opinione pubblica internazionale. Un processo di escalation non è mai causato da un solo attore, in questo caso il capo del Cremlino, Vladimir Putin. Infatti gli Stati Uniti e l’Occidente hanno la loro parte di responsabilità

Nelle ultime settimane i rapporti fra Russia e Stati Uniti hanno raggiunto un livello di tensione che non si conosceva da decenni, probabilmente dalla prima metà degli anni Ottanta. La catastrofe nucleare non è dietro l’angolo, perché i governi di Mosca e Washington non hanno intenzione di scatenare una guerra aperta e diretta, mala situazione è sufficientemente grave da preoccuparsi seriamente e da meritare la massima attenzione, da parte delle cancellerie europee e dell’opinione pubblica internazionale.
Gli Usa lamentano con sempre più insistenza attacchi di hacker russi volti a influenzare la campagna elettorale per l’elezione del nuovo presidente. Provare la provenienza di un attacco informatico ben fatto è molto difficile, ma l’accusa americana non sembra inverosimile. Un anno fa il capo della sicurezza interna tedesca disse fuori dai denti che al 95% il grave attacco subito dal sistema informatico del Parlamento di Berlino era opera di Mosca. A questo problema che sembra impalpabile si sommano mosse molto più pericolosamente concrete. Ad esempio, la Russia ha annunciato di aver installato missili Iskander nell’enclave russa di Kaliningrad. Per chi non fosse esperto di armamenti, si tratta di vettori in grado di montare testate nucleari e di raggiungere l’Europa centrale, a cominciare da Berlino. Putin ha poi sospeso l’accordo con gli Stati Uniti per la distruzione di 68 tonnellate di plutonio, componente fondamentale delle armi nucleari, e sostiene Assad nel bombardamento di Aleppo, azione che sta provocando migliaia di vittime, della quale anche il Papa ha chiesto la fine e che ha fatto naufragare il cessate il fuoco negoziato a fatica da Kerry e Lavrov.

La situazione in Siria è particolarmente pericolosa per le relazioni Est-Ovest perché sia gli Usa che la Russia hanno le proprie truppe impegnate sul campo, teoricamente in una lotta comune contro l’Isis ma in realtà con obiettivi sostanzialmente opposti, divisi dal futuro del presidente Assad.
Detto questo, un processo di escalation non è mai causato da un solo attore, e infatti gli Stati Uniti e l’Occidente hanno le loro responsabilità. La ripresa dei bombardamenti russo-siriani su Aleppo è avvenuta dopo che gli Usa per primi avevano interrotto il cessate il fuoco bombardando delle postazioni siriane, salvo poi dichiarare che si era trattato di un errore. Anche lo schieramento dei missili a Kaliningrad non è giunto inatteso: si tratta di una risposta al posizionamento di batterie antimissili in Polonia e nelle repubbliche baltiche da parte della Nato avvenuto la scorsa estate e al rafforzamento più generale del fianco est dell’Alleanza Atlantica, di cui farà parte anche un contingente italiano.

A ben vedere, tuttavia, i problemi nascono da più lontano.

Da parte occidentale, iniziano con la decisione di far entrare nella Nato le Repubbliche baltiche, la Polonia, la Bulgaria, qualcuno sosteneva addirittura l’ingresso dell’Ucraina. L’estensione a est di un’organizzazione militare che ha come scopo la protezione dei propri membri dagli attacchi esterni non poteva che essere interpretata da Mosca in chiave anti-russa. Da parte russa, le mosse che hanno condotto all’alta tensione di questi giorni sono iniziate almeno con l’annessione della Crimea due anni e mezzo fa, ma più in generale con il nuovo mandato di Putin a presidente della Russia.
Per l’Europa, ma anche per gli Stati Uniti, è importante mantenere rapporti costruttivi con la Russia e non spingerla nell’angolo, ma è altrettanto necessario chiarire che costruire buoni rapporti con la Russia non può voler dire fare buon viso a qualunque gioco del suo presidente. Putin concepisce la politica estera in maniera ottocentesca, come pura politica di potenza, e non esita a strumentalizzare la situazione internazionale per coprire problemi interni. La situazione è diversa dagli anni della Guerra Fredda, le due potenze non sono guidate da ideologie incompatibili e non si concepiscono necessariamente come nemici, ma la politica di potenza ottocentesca prevedeva che le controversie fra gli Stati potessero essere risolte anche con la guerra. Con gli arsenali nucleari odierni, questa è un’eventualità che non può accadere.

Né Putin né qualunque presidente americano inizierebbero volontariamente una guerra, ma in una situazione di alta tensione gli errori sono più probabili e in questo caso costerebbero troppo.

E’ urgente che la comunità internazionale e in primo luogo i due contendenti facciano passi concreti verso la costruzione di reciproca fiducia, non esistono alternative.