Lo stupore a Monza

Per ammirare il restauro della Cappella di Teodolinda si sale sui ponteggi

Dal 15 gennaio i fortunati visitatori del Duomo di Monza hanno una straordinaria opportunità: poter entrare nella Cappella di Teodolinda e salire sui ponteggi montati per il restauro, terminato dopo sei anni di intenso lavoro.

Il pensiero corre inevitabilmente a Pietro Toesca, che avrebbe apprezzato la rarissima occasione di ammirare gli affreschi da così vicino, scorgervi le “giornate di lavoro”, i resti preziosi delle decorazioni in lamine metalliche e lucenti, le pastiglie e i lapislazzuli, e poi scoprire quei volti candidi e tondeggianti, immergendosi nel mondo fiabesco e cortese del più importante monumento del tardogotico lombardo. “Quivi è uno sfolgorio d’oro, un chiarore di tinte limpide e delicate come nelle pagine di un libro preziosamente miniato… il racconto negli affreschi degli Zavattari ha un colore leggendario e uno splendore fantastico che un’arte più realistica non avrebbe saputo dargli”, così commentava nel volume edito da Einaudi nel 1966: “La pittura e la miniatura nella Lombardia”.

L’impegnativo restauro, guidato da Anna Lucchini, è costato 2,8 milioni di euro ed è stato realizzato con i contributi di World Monuments Fund, Marignoli Foundation, Regione Lombardia e Fondazione Cariplo, sotto il coordinamento della Fondazione Gaiani che da anni sostiene il Museo del Duomo. Non resta quindi che ammirare, con un nuovo senso di stupore, la bellezza delle pareti della Cappella rinvigorite da un intervento di recupero condotto con metodo, non solo sui danni causati dal tempo, ma anche sui pregressi interventi di restauro che costituivano dei limiti alla corretta visibilità e conservazione delle varie scene.

Proviamo allora a ripercorrere la storia della Cappella e di una bottega familiare di artisti, quella de Zavatariis, che tra il 1441 e il 1446 realizzarono il ciclo dedicato a Teodolinda, la principessa bavara di fede cattolica, sposa prima di Autari, re dei Longobardi e, alla morte di quest’ultimo, moglie di Agilulfo, futuro regnante della “Longobardia” del VII secolo, narrata da Pietro Diacono nella sua “Historia”. Il legame di Teodolinda con Monza è fortissimo, infatti secondo la tradizione fu proprio lei a scegliere la città brianzola come sede di residenza, con un palazzo e una cappella palatina dedicata a San Giovanni Battista, trasformata poi nei secoli nel complesso monumentale del Duomo.

Gli Zavattari, come menestrelli e trovatori, recitano in immagini la storia della regina in un’atmosfera sospesa tra realtà e sogno. Ben quarantacinque episodi, dove vengono esibiti tutti gli sfarzi della vita di corte, tra le battute di caccia a cavallo di bianchi destrieri e i momenti di svago. Siamo in quella parte dell’Italia settentrionale governata dal ducato milanese dei Visconti, con i cavalieri e le dame vestite con copricapo eleganti e abiti degni dell’aristocrazia mondana. Una scena, in particolare, viene dedicata alla fondazione del Duomo di Monza, qui la devota regina Teodolinda indossa un abito in broccato d’oro mentre assiste, con aria ‘incantata’, alla posa delle prime pietre e sembra osservare gli operai che sono intenti ad impastare la calce e ad erigere la costruzione mattone su mattone. E se la meravigliosa Cappella celebra degnamente la storia e la memoria di Teodolinda attraverso l’arte degli Zavattari, non possiamo dimenticare la presenza di un altro importante capolavoro simbolo della cristianità: nel cuore dello spazio liturgico, ovvero nell’altare, è custodita la corona ferrea, tempestata di gemme e smalti, oggetto di alta oreficeria tra i più importanti della storia dell’Europa medievale.