Chiesa di Rieti

Lo sguardo al Crocifisso irrobustisce la decisione del Vangelo

Dopo due anni la Via Crucis del Venerdì Santo torna ad attraversare il centro storico di Rieti

Dopo due anni la Via Crucis del Venerdì Santo torna ad attraversare il centro storico di Rieti. Ed è stato un esercizio partecipato e sentito. A cavallo tra le conseguenze della pandemia e lo spettro della guerra, i sentimenti dei presenti sono stati guidati dalle meditazioni sulle fragilità del mondo, sulle ferite del corpo e della società, sugli inciampi che ciascuno incontra portando la propria croce e sull’aiuto inaspettato che matura dallo spirito cristiano e dalla Provvidenza.

Di fianco al vescovo Domenico, padre Rostyslav Hadada, pastore della comunità ucraina, e i fedeli ortodossi stretti attorno alla bandiera del loro Paese invaso e assediato. Si parte in preghiera tutti insieme dalla chiesa di San Pietro Martire per poi attraversare vicoli resti ancora più stretti dalle impalcature delle ristrutturazioni e dalle troppe auto in sosta, che sembrano fare della città un unico grande parcheggio all’aperto. Nei dintorni del Ponte Romano s’è visto un accenno di movida, più indifferente che incuriosito da questo fiume di persone e candele accese dietro la grande croce di legno. Poi le stazioni al Borgo e nella parte bassa del rione San Francesco, seguite dalla risalita verso la basilica di Sant’Agostino. Con l’aiuto della Polizia Municipale che chiude il traffico il tempo necessario, si passa via Terenzio Varrone, poi si va è andati attraverso via Cintia fino alla Cattedrale.

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Di fronte ai fedeli che avevano riempito l’aula, mons Pompili ha indagato ancora il senso del Venerdì Santo, contrapponendolo a quello di un’altra religione: il black friday del capitalismo: un potente invito che si spande a macchia d’olio e ci porta a compulsare verso l’acquisto e il consumo.

«Maree sterminate di persone di ogni età ed estrazione sociale affollano diligentemente in fila i templi della nuova religione», ha detto don Domenico rifacendosi a un’intuizione di Walter Benjamin, che notava come il capitalismo in fondo appaghi delle stesse ansie, pene e inquietudini alle quali un tempo davano risposta le religioni. «Insomma, non è che siamo diventati improvvisamente miscredenti, semplicemente abbiamo cambiato religione: da cristiani siamo talora ridotti a consumatori».

Un fatto rilevante se si coglie che «la guerra trae la sua origine proprio da problemi di vendita e di consumo, che questioni economiche e di mercato sono sempre alla base di questa cosa orrenda, anche se poi essa viene giustificata in nome di ideali, di congiunture, di necessità, mentre si tratta sempre e solo di interessi comunque mascherati».

Di fronte a questo si coglie il valore del Venerdì Santo, dell’esercizio appena compiuto della Via Crucis: «Fermarci come abbiamo fatto, sia pure camminando, ed ora qui davanti al crocifisso» serve a «far tacere questa corsa al consumo e prendere coscienza di questa nuova religione», che «ci sta allontanando dalla nostra vera natura di uomini e finisce per divorare i suoi stessi figli».

«Fortunatamente – ha concluso il vescovo – nelle singole stazioni abbiamo sentito raccontare di tante famiglie che controvento cercano di dare seguito alla religione autentica, che è quella del Vangelo. E perciò ora ci congediamo con lo sguardo al crocifisso, perché esso possa irrobustire la nostra decisione di seguirlo fino in fondo».