L’eutanasia trova strade nuove?

Il caso della novantasettenne salvata nel Torinese. Poi le rivelazioni su una presunta modalità di eutanasia surrettizia, condivisa e sottaciuta, che interesserebbe alcuni ospedali italiani e l’invito a svariati specialisti a fare, in un certo senso, “coming out”. Basta uno sguardo all’estero per inorridire: invece della sofferenza si elimina il sofferente.

Non potevano proprio aspettare una legge che legalizzi l’eutanasia senza se e senza ma. E nemmeno sono riusciti a trovare un medico sufficientemente compiacente e povero di scrupoli. Così, in quel della provincia torinese, madre e figlio hanno pensato che il fai-da-te è sempre una soluzione. A fronte dell’ostinazione della vecchia zia Placida (di nome e di fatto), novantasettenne che non voleva saperne di morire, il duo memore dell’esperienza di “Arsenico e vecchi merletti” si è affidato con fiducia al topicida, versato con dovizia nel caffè e nella gelatina di frutta. Ma nonostante l’età, la demenza senile e tutti gli acciacchi del caso, la nonnina mitridatizzata ha resistito al veleno ed è pervicacemente rimasta attaccata a questa vita. Il resto l’hanno fatto l’attenzione del personale della clinica, che ha notato i valori alterati del sangue e il troppo sopore sospetto dell’anziana. Infine sono stati i filmati della “cimice” piazzata dai carabinieri a condurre all’arresto dei parenti/serpenti, stufi di aspettare un’eredità che non arrivava.

Fin qui la notizia. Che potrebbe anche essere racconto farsesco, visto il lieto epilogo. La cronaca però si accompagna al filotto di dichiarazioni a mezzo stampa elargite dai due illustri luminari della medicina che, dalla Sardegna e dalla Capitale, hanno rivelato una spiccata propensione all’accompagnamento definitivo all’altro mondo dei propri pazienti. E lo hanno fatto senza trattenere l’orgoglio, sicuri d’incassare il plauso della collettività per un’opera sociale meritoria: l’eliminazione definitiva della sofferenza. Facciamo qui sommessamente notare che questo è uno strano modo di sopperire alla carenza di applicazione della legge 38 sulla terapia del dolore, interpretando elasticamente le possibilità offerte dalla sedazione palliativa. Al netto dei giudizi etici confessionali, anche per la logica più laica… eliminare le sofferenze è un conto ed eliminare il sofferente continua ad essere tutta un’altra cosa.

Non solo. Le polemiche seguite alle rivelazioni hanno riguardato una presunta modalità di eutanasia surrettizia, condivisa e sottaciuta, che interessa altri non meglio identificati ospedali italiani coinvolgendo svariati specialisti cui è stato chiesto di fare, in un certo senso, “coming out”, provocando la risposta sdegnata della categoria. Un’Italia di cacciatori di lasciti testamentari? O di medici che hanno perso di vista non solo il bene dei propri assistiti, ma soprattutto il primo dei comandamenti della medicina: “Primum non nocere”? In entrambi i casi si aprono scenari inquietanti al pensiero di portare un anziano congiunto in ospedale che, da luogo di cura, potrebbe trasformarsi in salvacondotto per l’aldilà. E senza passare dal via.

Guardare all’estero aiuta a farsi un’idea di quello che potrebbe trovare rapidamente terreno fertile anche qui. In Inghilterra il Protocollo Liverpool, eufemisticamente definito come un sistema per tagliare i costi della sanità pubblica, ha fatto sì che migliaia di ignari pazienti anziani siano stati “terminati” a forza, con o senza consenso dei familiari. Alcuni parenti più accorti e certuni vecchietti più coriacei hanno fatto sì che non fosse più possibile ignorare l’ecatombe silenziosa, conducendo alla sospensione del protocollo e all’istituzione di una commissione d’indagine. In Olanda, Paese in cui dal 2001 le richieste di eutanasia sono aumentate del 73%, l’assicurazione sulla vita non è più una priorità: ora c’è quella per l’eutanasia. La compagnia assicurativa olandese Menzis già dal 2012 ha proposto una copertura dei costi per coloro che soddisfano i criteri della clinica speciale del gruppo Nvve, nota lobby pro eutanasia. Della barbarie dell’eutanasia per i bambini in Belgio già abbiamo avuto modo di parlare diffusamente, ci limitiamo quindi ora a sottolineare un paio di dati recenti e significativi sulla banalizzazione delle procedure per gli adulti. Nel solo 2013 sono stati registrati qualcosa come 1816 decessi eutanasici: 150 al mese, 5 al giorno. Di questi, l’80% sono persone sopra i 65 anni.
Vivere è diventato così terribile? Il falso rimedio, socialmente accettabile, per arginare il temuto tsunami d’argento sembra voler passare per una “dolce morte” decisamente molto amara.