Anniversari

Leonessa onora le vittime del 7 Aprile 1944, il vescovo: «Rievocare non è esercizio retorico»

Ieri Leonessa ha ricordato l’eccidio nazista del 1944. Si rende onore ai 51 concittadini leonessani che in quella settimana, dal 31 marzo al 7 aprile del 1944, furono trucidati alle porte del paese

Solo tu sei forestiero a Gerusalemme! Non sai ciò che vi è accaduto in questi giorni?. «Le parole rivolte al misterioso viandante che si affianca intrigante ai due discepoli fuggono da Gerusalemme in direzione di Emmaus dopo i giorni della passione e morte di Gesù, ci introducono in un’altra Pasqua che si consumò a Leonessa nel 1944».

Sono le parole del vescovo Domenico, intervenuto a Leonessa durante la commemorazione delle vittime dell’eccidio nazista del 1944.

«Per inquadrare questa Pasqua – ha proseguito monsignor Pompili – è necessario ricordare che il “primo territorio libero” dai nazifascisti è costituito il 16 marzo 1944 tra Cascia, Norcia e Leonessa, a cavallo tra il Lazio e l’Umbria. Aveva una superficie di circa 1000 metri quadrati e comprendeva i comuni di Monteleone di Spoleto, Poggio Bustone e Rivodutri. La zona era stata liberata nel settembre 1943, subito dopo l’armistizio. L’esistenza di questo territorio libero, controllato dai partigiani, a ridosso di due importanti strade consolari (la via Flaminia e la via Salaria) non poteva essere tollerata dai tedeschi che si apprestavano a ritirarsi dal fronte di Anzio per attestarsi sulla linea gotica. Per questa ragione, la mattina del 31 marzo le truppe naziste arrivarono a Leonessa e rastrellarono uomini, tra cui don Pio Palla, don Guido Rosini e don Alfonso Zelli. Il primo eccidio di massa è attuato il 6 aprile a Cumulata, dove uccidono 13 persone, su istigazione di Rosina Cesaretti. L’eccidio più grande è quello del 7 aprile a Leonessa, quando un reparto di SS cattura 23 cittadini, tra cui il giovane don Concezio Chiaretti, già cappellano del 9° Reggimento Alpini, che aveva partecipato alla campagna di Russia. Complessivamente sono 52 le persone uccise a Leonessa. Don Concezio era un militante della Resistenza e un uomo di pace. Quando nel febbraio del 1944 furono sequestrati tre fascisti nei pressi di Villa Pulcini, fu grazie a lui che vennero sottratti ad un manipolo (una quindicina) di partigiani che li avevano già svestiti. Don Concezio era figlio di emigrati essendo nato in Canada nel 1917 e tornato in Italia aveva studiato ad Assisi. Aveva una voce baritonale importante con cui cantava l’inno di Bellini ne I Puritani: Suoni la tromba! Intrepido/io pugnerò da forte! Bello è affrontare la morte/gridando Libertà!».

«Anche gli altri leonessani che furono uccisi quel Venerdì santo erano uomini e donne liberi. Rievocare non è esercizio retorico. Nello specifico, occorre ritrovare quel che l’ignoto viandante dice prima di essere finalmente riconosciuto: “Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti! Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?”. Che significa due cose. La libertà ha un prezzo e non si ottiene senza il sacrificio dei nostri egoismi e delle nostre piccolezze banali. La comunità si rigenera per la libertà degli uomini e delle donne che credono nella vita», ha concluso don Domenico.