Legambiente: Ecosistema a rischio nell’84% dei comuni del Lazio

Ecosistema Rischio: nel Lazio l’84% dei comuni conta abitazioni in aree a rischio idrogeologico, il 21% dei comuni ha continuato a costruire in zone a rischio negli ultimi 10 anni

Nel Lazio l’84% dei comuni conta abitazioni in aree a rischio idrogeologico, il 34% ospita interi quartieri, il 73% industrie, il 25% strutture sensibili come scuole e ospedali e strutture commerciali o ricettive. Nel 21% dei comuni si è continuato a costruire in aree a rischio idrogeologico negli ultimi 10 anni. Solo il 27% svolge un lavoro di mitigazione del rischio complessivamente positivo, il 21% ottiene un punteggio scarso e la maggior parte, il 52% insufficiente. Roma complessivamente inefficiente nella mitigazione del rischio idrogeologico, gravemente carente nell’affrontare le emergenze e sotto il peso di un’intensa urbanizzazione. Questi i primi dati di Ecosistema Rischio, l’indagine realizzata da Legambiente con la collaborazione del Dipartimento della Protezione Civile che scatta una fotografia aggiornata sul rischio idrogeologico in Italia e valuta le attività messe in campo dai comuni per prevenire e mitigare tale rischio.

In testa alla classifica laziale che considera complessivamente le attività di mitigazione del rischio, Capodimonte (Vt) è al primo posto e si aggiudica un punteggio di 8,75 grazie ad un basso grado di urbanizzazione nelle zone a rischio, un buon lavoro di manutenzione e messa in sicurezza e il recepimento del PAI così come attività di allertamento e pianificazione. Seguono Zagarolo (Rm) con un punteggio di 8,5 e Cerveteri (Rm) con 7,75. Tra i capoluoghi laziali, il primo è Frosinone con un punteggio di 7,25 per la presenza di abitazioni e industrie in zone a rischio ma non di strutture sensibili, che ha dichiarato di mettere in campo attività di informazione e pianificazione e di non aver costruito negli ultimi 10 anni nelle zone a rischio. Roma si ferma alla sufficienza, ottiene un 6,5 non all’altezza di una capitale che si dimostra, difatti, inadeguata ad affrontare la situazione quando si verificano episodi di precipitazioni. Ancora troppo pesante il grado di urbanizzazione nelle zone a rischio che comprende abitazioni, interi quartieri e strutture sensibili, anche nell’ultimo decennio, e la mancanza di interventi di messa in sicurezza. Rieti dichiara di non recepire il Piano di Assetto Idrogeologico e scarseggia nelle attività di informazione ai cittadini aggiudicandosi un punteggio di 4,75. Il 3,75 di Latina è indice di grosse lacune rispetto alle attività di allertamento e pianificazione, non mette in campo un serio sistema di monitoraggio, è dotato di un piano di emergenza non aggiornato e non informa i cittadini. In fondo alla classifica Morlupo (Rm), Poggio Moiano (Ri), Trevi nel Lazio (Fr) e Fiamignano (Ri).

“La situazione di Roma l’abbiamo vista bene appena due venerdì fa quando una giornata di pioggia l’ha fatta sprofondare nel caos più totale, l’evidente paralisi di tutti i piani, che pure ci sono, rappresenta il segno inequivocabile che qualcosa non funziona – ha dichiarato Roberto Scacchi, direttore di Legambiente Lazio-. Gli eventi piovosi sono ormai sempre più frequenti, stop all’incessante colata di cemento. Nel momento dell’emergenza serve agire con più decisione e impegno, servono esercitazioni con la popolazione per facilitare la gestione delle criticità, e rivedere, se serve, i piani. Troppo esigui al momento i fondi per sostenere le spese previste dal Piano di Assetto Idrogeologico del Bacino del Fiume Tevere, è stato reperito solo il 4%, che equivale a 60 milioni su 1,7 miliardi di euro per la messa in sicurezza di aree a rischio frana e alluvioni, un investimento assolutamente insufficiente a fronte dell’aumento delle spese straordinarie per i danni che invece si moltiplicano per gravità e per frequenza”.

Solo la metà dei comuni, il 55%, ha effettuato la manutenzione ordinaria nell’ultimo anno fra le attività di prevenzione, il 61% realizzato opere di messa in sicurezza, il 59% ha recepito il Piano di Assetto Idrogeologico, un esiguo 7% ha optato per la delocalizzazione delle abitazioni, nessun comune per quello dei fabbricati industriali.

Tra le attività di protezione civile maggiormente diffuse nei Comuni laziali figurano innanzitutto l’individuazione di aree di accoglienza in caso di calamità COC (59%). Solo il 57% dei comuni considerati ha un piano di emergenza, divenuto obbligatorio con la legge 100 del 2012, ma meno della metà (il 43%) dispone di piano aggiornato e adeguato per affrontare eventuali emergenze. Meno della metà recepisce il sistema di allertamento regionale (41%). Solo nel 34% dei comuni vi è la presenza di una struttura protezione civile h24, un terzo ha avviato attività di informazione e sistemi di monitoraggio e allerta, mentre esercitazioni si svolgono solo in un quarto dei Comuni (23%).

Legambiente ha inviato il questionario di Ecosistema Rischio ai comuni considerati ad alto rischio idrogeologico dalle cartografie del Ministero dell’Ambiente. I dati analizzati si riferiscono a 44 amministrazioni comunali del Lazio poiché delle 63 che hanno risposto al questionario, i dati di 19 amministrazioni sono stati trattati separatamente, perché dichiarato di non avere strutture in aree a rischio.

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