L’economia dei coriandoli

Lo scorso mercoledì un’attivista di Femen è riuscita ad entrare nella sede della BCE e manifestare il proprio dissenso, tramite uno spettacolare tentativo di aggressione, a colpi di coriandoli, verso il presidente Mario Draghi e salendo sul tavolo della conferenza stampa con l’intenzione di denudarsi. L’attento servizio di vigilanza è intervenuto prontamente per evitare il “peggio”.

Al di là delle facili ironie, forse l’evento ci suggerisce una buona metafora della situazione economica. Un lungo inverno di crisi economica sta finalmente per finire. E il carnevale della BCE rallegra i mercati con ondate di “coriandoli” monetari, dal difficilmente comprensibile titolo di Quantitative easing. Anche gli Stati festeggiano, con l’abbassarsi di tassi d’interesse e quindi dello spread. In questa gioia collettiva c’è solo la piccola Grecia che piange, da quando gli hanno detto che potrebbe scendere dal carro dell’eurozona.

A parte i coriandoli però, tutta l’organizzazione spetta alle singole nazioni. Sta a loro costruire, fuor di metafora, la base dell’economia per i prossimi anni. E qui dominano ancora le prescrizioni finanziarie valide prima della crisi. Oltretutto lo sguardo è sempre rivolto al breve termine, anche a causa dell’oggettiva complessità della situazione. Riforme e tagli di spesa non sono ricette ma consigli calati dall’alto. Non c’è responsabilità politica da parte dell’Europa.

La protesta è stato un piccolo tentativo di guardare sotto la maschera. Poi tutto è tornato come prima. Le marionette stanno danzando e nessuno, proprio nessuno, sa chi è a manovrarle.