Al Giugno antoniano le serate sulla misericordia e sull’enciclica «Laudato si’»

Il cuore dell’attualità ecclesiale e le sollecitazioni del Magistero nelle serate di riflessione che, alternandosi a quelle a carattere artistico e musicale, scandiscono il programma del Giugno antoniano reatino. Se quella di venerdì (ne riferiremo la settimana prossima) ha avuto per protagonisti i giovani, con l’intervento del responsabile Cei della Pastorale giovanile don Michele Falabretti, le prime due sono state dedicate al tema giubilare della misericordia e all’enciclica Laudato si’.

Un viaggio spirituale tra la Dives in misericordia di Giovanni Paolo II e la Misericordiæ vultus di Francesco la riflessione proposta lunedì sera da monsignor Lorenzo Chiarinelli. Il presule reatino, a conclusione del giorno della festa liturgica di sant’Antonio, non ha mancato di far riferimento anche ai sermoni del grande predicatore francescano, richiamandone l’attualità e il collegamento con le sollecitazioni di questo Anno Santo straordinario: testimoniare il Dio misericordioso come Chiesa che sia “casa di misericordia”. Essa, ha detto il vescovo emerito di Viterbo, si configura come una Chiesa «del perdono, della gratuità, della solidarietà».

Ne consegue che il cristiano che la abita è a sua volta operatore di misericordia, chiamato a essere «aperto e disponibile, dialogico e fraterno» conformandosi, come esortava Antonio in suo celebre sermone, ai cinque comandi del Vangelo di Luca: «avere misericordia, non giudicare, non condannare, perdonare e dare». Secondo don Lorenzo per la Chiesa si profilano tre vie da percorrere. Innanzitutto il mettere a disposizione di tutti la misericordia di Dio, offerta in questo anno giubilare «in cui si può ricominciare da capo e convertirsi».

Poi l’esortazione di sant’Antonio: «Se sei perdonato, perdona». Quindi l’esperienza del perdono rigenerante che rinnova il cuore, quella che san Francesco nella nostra valle, a Poggio Bustone, ha concretamente incontrato. Due giorni dopo, un interessante dialogo tra il vaticanista di Avvenire Mimmo Muolo e la dottoressa Flaminia Giovanelli, sottosegretario del Pontificio Consiglio “Iustitia et Pax”. Tema del dibattito (introdotto da Fabrizio Tomassoni e che ha visto intervenire alla fine anche il responsabile della Pastorale sociale della diocesi don Valerio Shango e l’assessore comunale all’Ambiente Carlo Ubertini), l’enciclica del Papa sulla cura della casa comune.

Un’enciclica che – è stata la prima provocazione del giornalista – non si esita a definire “verde”: ma dinanzi a due opposte ideologie oggi in voga (quella di un “antropocentrismo prometeico” che vede l’uomo come dittatore sul mondo e la tendenza a porsi, con la scienza e la tecnica, al posto del Creatore, e quella neopagana di una natura divinizzata che può fare a meno dell’uomo), può dirsi “cristiana” tout–court? Sicuramente sì, ha risposto la Giovanelli, ribadendo come la Laudato si’ segua l’antropologia evangelica in perfetta linea con il magistero sociale della Chiesa. Il fulcro dell’enciclica, è stato sottolineato, è indubbiamente quella ecologia integrale per cui “tutto è connesso”: «le relazioni dell’uomo con tutti i sistemi, non solo con la natura.

Possiamo parlare di ecologia ambientale ma anche sociale, politica, economica, culturale, con particolare attenzione agli emarginati». E l’icona perfetta dell’uomo “in relazione” proposta dal Papa che ne ha assunto il nome è san Francesco. Il Pontefice, anche con i consigli “spiccioli” relativi alle buone pratiche ecologiche, punta, ha sottolineato la relatrice, a «creare quella cultura della cura del creato, a partire dai piccoli accorgimenti di ogni giorno».

Lazio Sette (Rieti) 19 giugno 2016