Le perle della buona teologia… e altre morti

Il 18 0ttobre nell’Auditorium Varrone ha avuto luogo l’interessante convegno “Le perle della buona teologia” su temi molto attuali.

Caratteristica di quest’incontro è stata la varietà degli interventi da parte di (forse) troppi relatori, tutti illustri: teologi, storici, sociologi, pastoralisti ecc.

È impossibile riassumere il contenuto degli argomenti trattati per la loro varietà e vastità.

Tra le tante cose che penso gli ascoltatori hanno percepito credo ci siano il richiamo a una corretta lettura del Concilio Vaticano Secondo e il richiamo alla sana dottrina cattolica: a non lasciarsi incantare dai ciarlatani di turno, dai cattivi maestri, da uomini di chiesa che turbano la chiesa.

I relatori hanno affermato la necessità di un ritorno a un sano equilibrio tra fede e ragione, evitando di scantonare, come spesso avviene, nel sostenere l’autonomia assoluta e l’autosufficienza della ragione a rispondere a ogni domanda sull’esistenza umana.

Circa la nuova evangelizzazione, oltre a esporre il contenuto con la sana predicazione, si richiede anche il dovere di correggere coloro che deviano. Citando S. Paolo, è arrivata l’esortazione alla “buona battaglia”. La parola “lotta” ha rimbombato spesso nella bocca di qualche oratore.

Molto chiara è stata la relazione del Prof. Roberto De Mattei: sui requisiti circa l’infallibilità del Sommo Pontefice.

L’ultimo intervento, molto applaudito, di P. Serafino Lanzetta su principi e valori non negoziabili, ha messo in risalto che questi non sono solo patrimonio della Chiesa, del Vangelo, ma sono insiti nella stessa natura umana.

Quindi il valore della “vita”, da difendere dal concepimento all’ultimo respiro; e l’aborto, l’eutanasia, e altro… sono da condannarsi senza eccezioni.

Durante alcuni interventi la mia mente è volata a tanti anni fa, quando si cantava a ritmo marziale «balde e salde si allineano le schiere che la gran Madre dal suo sen disserra… innalza in alto le bandiere… Siamo arditi della fede, siamo araldi della Croce, al tuo cenno alla tua voce un esercito all’altar (o a marciar?)».

Quanto, in quasi tutti gli interventi, mi è sembrato lontanissimo lo spirito che animò Giovanni XXIII e che portò all’ispirazione del Concilio!

Esortò a guardare più ciò che ci unisce che ciò che ci divide; a preferire il dialogo alla polemica.

Per quanto riguarda i principi non negoziabili, sono riandato al tempo, non molto lontano, durante il quale, parlando delle prolusioni a certi convegni ecclesiali di alto livello, su quattro pagine del giornale tre erano occupate a esporre la difesa di questi, la quarta a sollecitare il sostegno della parte politica che, per pura convenienza, li difendeva.

La vita dell’embrione, dell’anziano ecc. sono valori sacrosanti; ma la vita di 800.000 bambini che ogni anno in Africa muoiono prima dei cinque anni? E le 18.000.000 (milioni!) di schiave che sono nel mondo, le migliaia di vittime annegate nel Mare Nostrum (e l’elenco potrebbe continuare), non sono “vita” il cui valore non è negoziabile?

Nelle penultime elezioni regionali del Lazio, i valori non negoziabili furono bollati come il solito disco. Non sarebbe opportuno, non sostituirlo, ma aggiungerne qualche altro, perché la Chiesa lotti, combatta, in un campo più vasto, contro tutte le ingiustizie da qualsiasi parte vengano?