Economia

Le imprese dopo la pandemia: «Ci vuole un Paese che marcia unito»

Uno spaccato della situazione delle imprese a livello locale con la direttrice della Cna, Enza Bufacchi: problemi e difficoltà, ma anche evoluzioni, esperimenti riusciti, casi positivi

Finita la fase del lockdown e cadute le restrizioni rispetto agli spostamenti sul suolo nazionale, le attività produttive provano a riprendere il ritmo del lavoro per rimettere in moto il Paese. E uno spaccato della situazione a livello locale ce la offre la direttrice della Cna, Enza Bufacchi, che vive da vicino il mondo delle imprese, riuscendo a coglierne i problemi e le difficoltà, ma anche le evoluzioni, gli esperimenti riusciti, i casi positivi.

«Va da sé che la ripartenza è complicata: perché non tutti ricominciano con lo stesso passo; perché altri erano in sofferenza già prima del lockdown; perché qualcosa nel frattempo è cambiato nelle abitudini dei cittadini. Alcuni settori si scontrano con l’impoverimento generale del Paese causato dalla pausa forzata: quando una famiglia fatica a pagare affitto e bollette, ovviamente rimanderà l’acquisto del vestito o delle scarpe. Bar e ristoranti hanno altri problemi, più legati all’organizzazione, ma forse hanno anche prospettive migliori perché la gente ha voglia di uscire e stare insieme per quanto possibile».

Non c’è ancora un dato statistico quanto a questo, ma ci sono aziende che hanno fatto tesoro delle soluzioni tecnologiche, organizzative e commerciali escogitate per continuare ad essere attivi nonostante la pandemia: «In qualche caso – spiega Bufacchi – stanno emergendo proposte nuove, soprattutto da parte di giovani. Mi viene in mente il desiderio di due ragazzi della Valle del Turano di mettere in piedi un’azienda per la consegna a domicilio che permetta a chi aveva adottato questa modalità di vendita come ripiego durante il lockdown, di consolidare l’esperienza e farne un canale stabile di lavoro».

Ai nostri imprenditori, insomma, non mancano volontà e creatività. Secondo la direttrice della Cna, si sente però l’assenza di un tassello fondamentale del sistema: quello del pubblico impiego. «La maggior parte delle amministrazioni – spiega – continuano a tenere gli uffici chiusi e i dipendenti in smart working. E questo, combinato alla generale arretratezza digitale, genera disservizi, ritardi e file fuori dagli sportelli nei pochi giorni in cui è possibile essere ricevuti per portare avanti una pratica». Non è un problema da poco, perché il rallentamento della burocrazia può voler dire, ad esempio, il mancato ampliamento del capannone di una impresa artigiana che resta in attesa di un pronunciamento su un vincolo ambientale.

«Per funzionare bene, una realtà complessa come quella del nostro Paese dovrebbe ripartire nel modo più compatto possibile – sottolinea Bufacchi – e il fatto che non sta succedendo è un bel guaio».