Le gambe bioniche: futuro che piace

A spasso con le nuove “gambe bioniche”. Si tratta di protesi robotiche applicabili a persone che hanno subito l’amputazione di uno o entrambi gli arti inferiori, al di sopra del ginocchio. Sono state messe a punto nell’ambito del progetto di ricerca europeo “Cyberlegs”, iniziato il 1 febbraio 2012 e conclusosi, secondo programmazione, proprio in questi giorni. L’iniziativa, finanziata in buona parte (2,5 milioni di euro su un costo totale di 3,5 milioni) dalla Commissione europea, ha avuto come partners la Fondazione Don Gnocchi (Italia), l’Università cattolica di Lovanio (Belgio), la Libera università di Bruxelles (Belgio) e l’Università di Lubiana (Slovenia). Il progetto, nel suo insieme, – e qui è lecito un po’ di orgoglio nazionale – è stato coordinato dall’Istituto di Biorobotica della Scuola superiore Sant’Anna di Pisa. Fino ad oggi, 11 persone volontarie hanno provato le protesi robotiche durante i test svolti alla fondazione Don Gnocchi di Firenze, già a partire dall’agosto dell’anno scorso. I ricercatori hanno messo a punto due dispositivi integrati: una protesi robotizzata che sostituisce l’arto amputato e un tutore (ortesi) del bacino, anch’esso robotizzato, che – collegato ad entrambi gli arti – aiuta il movimento e facilita il cammino. Quest’ultimo, attualmente contenuto in una specie di zainetto, è ergonomico e quindi si adatta alla schiena senza alterare la postura. Ma presto avrà l’aspetto di un paio di pantaloncini, ancora più facili da indossare e meno ingombranti. L’interazione dei due dispositivi permette di camminare, di salire le scale, di sedersi e di rialzarsi da una sedia, senza eccessiva fatica fisica, senza pesanti ingombri e, soprattutto, senza una tecnologia troppo complessa da gestire. Il dispositivo alimentato a batterie, per ora ha un’autonomia di circa tre ore. “Abbiamo messo insieme più tecnologie che aiutano a tornare a camminare in modo naturale”, ha spiegato il coordinatore del progetto Nicola Vitiello. Il nuovo sistema, infatti, riduce molto il rischio di cadute e dà regolarità ai movimenti, permettendo a chi lo indossa di camminare tanto all’interno quanto all’esterno. Secondo Vitiello, “nel lungo periodo è possibile immaginare che queste tecnologie saranno adottate in maniera progressiva e che il loro impatto sulla società sarà tangibile. Le persone amputate potranno contare su una nuova generazione di sistemi robotici leggeri per ottenere una più alta mobilità, unita a una migliore qualità della vita”. Ingegno, capacità tecniche e denaro pubblico impiegati davvero bene: un esempio da replicare!