Lazio, emergenza casa: quale risposta?

Forti dubbi sul piano straordinario varato dalla Regione

Un Piano straordinario da 257 milioni di euro per l’emergenza abitativa del Lazio. Questa è la somma che la Regione ha deciso d’investire per le famiglie che hanno bisogno di una casa. Le risorse fanno parte dei residui del “Fondo globale Regioni edilizia sovvenzionata” (ex Gescal), presente presso la Cassa depositi e prestiti.

Rispondere all’emergenza.

Il Piano prevede in primo luogo il recupero del patrimonio immobiliare pubblico, inteso come attività di rigenerazione urbana, effettuato a partire dal patrimonio regionale e, a seguire, con quello di proprietà dello Stato, delle pubbliche amministrazioni e degli enti pubblici. In secondo luogo, l’acquisto d’immobili dai privati a prezzi controllati. La Regione ha inoltre deciso di destinare l’80% della somma stanziata alla città di Roma. Il Piano prevede che entro 60 giorni dalla sua pubblicazione si dovrà individuare il patrimonio immobiliare. Per fare tutto si sono attivati confronti tra il Comune di Roma, gli Istituti pubblici assistenza e beneficienza (Ipab), le Aziende territoriali per l’edilizia residenziale pubblica (Ater), l’Agenzia del Demanio, le altre amministrazioni ed enti pubblici interessati.

Buona l’idea, ma con riserva.

“La direzione in cui vanno gli interventi merita un plauso, però, come movimento cooperativo esprimiamo seri dubbi sul fatto che le ingenti risorse messe a disposizione possano veramente rimediare all’emergenza abitativa esistente nel Lazio e in modo particolare a Roma”, dice Luigi Di Fazio, presidente di Federabitazione Lazio di Confcooperative. Forte la delusione nel settore cooperativo, escluso dal Piano. Il presidente di Federabitazione è critico rispetto la scelta di aver voluto “affidare tutte le risorse all’Ater”, che giudica come una soluzione non ottimale. Secondo Di Fazio, l’aver dato tutto al pubblico non rende merito a quello che le cooperative hanno saputo fare in termini di efficienza e capacità operativa. “Laddove le cooperative – sottolinea Di Fazio – sono potute intervenire con risorse pubbliche hanno dimostrato di saper innovare, facendo da effetto moltiplicatore delle somme stanziate”. Inoltre, conclude il presidente, i punti deboli del Piano riguardano anche “l’acquisto sia di fabbricati, che non vengono venduti per ragioni di crisi, sia del patrimonio pubblico che spesso e volentieri è obsoleto e non risponde più a quelle che sono le attuali esigenze tecniche e progettuali”. Secondo Di Fazio, pertanto, queste politiche faranno “aumentare la disoccupazione in un settore già in forte sofferenza”.

Controllare e sperimentare.

“La preoccupazione per l’emergenza casa è sacrosanta ed è una priorità”: così don Cesare Chialastri, delegato Caritas Lazio, che però fa alcuni distinguo. Secondo il sacerdote va bene “il recupero di beni immobiliari di proprietà pubblica da destinare ad alloggi per famiglie in necessità”, ma occorre più prudenza “sul recupero di beni immobili da privati, che andrebbe vincolato a casi particolari, come centri storici da ripopolare”. Infatti, “senza qualche criterio di valore pubblico e sociale ci sarebbe il rischio di trasferire fondi a grandi imprenditori immobiliari che non riescono a piazzare sul mercato quanto costruito negli ultimi anni”. Per don Cesare “non è sufficiente il recupero di beni senza nuovi criteri di allocazione e di gestione del patrimonio”: sarebbe, dunque, il caso “di verificare la titolarità di occupazione degli alloggi popolari in cui l’abusivismo impera e dove nessun ente interviene seriamente a ripristinare la legalità”. Infine, “andrebbero favoriti l’housing sociale e i condomini solidali per aiutare soggetti fragili, oltre che creare fondi di garanzia e solidarietà per l’accesso al mercato libero da parte delle famiglie, garantendo così i proprietari ai quali si chiedono in cambio condizioni più sociali di locazione”.