L’ascensore birichino

«Datevi una mossa!». Sembra che la società intera si rivolga così ai giovani, spingendoli a rimboccarsi le maniche e a trovare o inventarsi un lavoro. Come a dire che non ci sono scuse o crisi che tengano, bisogna soltanto impegnarsi.

E in effetti per qualcuno le cose vanno in questo modo. Il problema è che questi “qualcuno” sono sempre i soliti. Figli di papà, privilegiati, quelli con una schiera di santi in paradiso insomma! Per alcuni non serve neanche impegnarsi basta presentarsi.

Per rendersene conto è sufficiente notare la ripetizione di cognomi presente in tutti i settori dell’economia e della politica. Sia a livello nazionale che in una piccola città come Rieti.

Le cause vanno naturalmente rintracciate nella mancanza di meritocrazia, endemica in Italia se così si può dire, e nella fortissima diseguaglianza economica e sociale.

C’è poi un’importante componente culturale. Ci siamo abituati a ragionamenti del tipo: è cosi che funziona, non ci possiamo fare niente, l’acqua va sempre al mare. Possono sembrare innocenti modi di dire ma esercitano un profondo condizionamento che blocca ogni possibilità di cambiare le cose.

Spesso si dice al proposito che si è rotto l’ascensore sociale. A noi sembra che funzioni benissimo ma che sia un po’ birichino. Se abiti nei piani alti va su, se invece stai più in basso va solo giù. Quindi rimbocchiamoci le maniche per costruire un ascensore più democratico.

di Caterina D’Ippoliti e Samuele Paolucci