Laos, pregare per la guarigione ora è un reato

Cinque pastori protestanti, chiamati a pregare attorno a una donna in fin di vita, sono stati condannati per “abuso della professione medica”. Nell’occasione la polizia ha fatto irruzione nella casa, ordinato ai presenti di abiurare il cristianesimo e, davanti al rifiuto, ha arrestato i leader cristiani, costringendo la famiglia a seppellire la donna con rito buddhista.

“Pregare chiedendo a Dio di guarire il malato/la malata secondo il proprio credo religioso viola gli articoli 41 e 42 della legge sulla Sanità”. È quanto ha stabilito il Dipartimento della Salute della provincia di Savannakhet, nel Laos, dopo la sentenza del Tribunale del popolo che ha condannato chi pregava attorno al letto di una donna in fin di vita per “abuso della professione medica”.

Una donna aveva chiesto a cinque pastori di pregare per lei. 
Nel mese di giugno dell’anno scorso, una donna madre di 8 figli, che già era stata in ospedale e si trovava in punto di morte, aveva richiesto la presenza di cinque pastori protestanti affinché pregassero per lei. I pastori furono arrestati e accusati dell’omicidio della donna, convertitasi qualche mese prima dal buddhismo al cristianesimo, mentre si trovavano nella casa della donna per officiare il suo funerale. La polizia fece irruzione nella casa, ordinò ai presenti di abiurare il cristianesimo e, davanti al rifiuto, arrestò i leader cristiani, costringendo la famiglia a seppellire la donna con rito buddhista. Il Dipartimento della Salute della provincia di Savannakhet ha preso pretesto da questa vicenda per disporre, dopo la sentenza che ha condannato i pastori, il divieto di pregare per la guarigione dei malati.

Una decisione contraria alla Costituzione e alle leggi del Paese.
Secondo l’Ong “Human Rights Watch for Lao Religious Freedom”, l’ordinanza “è diretta violazione della Costituzione e delle leggi del Laos”. Infatti la Costituzione recita all’art.9: “Lo Stato rispetta e protegge tutte le attività lecite dei buddisti e di altre Confessioni religiose”. Mentre l’articolo 30 della Costituzione afferma che “i cittadini del Laos hanno il diritto e la libertà di credere o non credere nelle religioni”. Human Rights Watch afferma che, con la decisione presa, “si toglie il diritto e la libertà di credo garantiti dalla Costituzione” e si va contro la Convenzione internazionale sui diritti civili e politici, ratificata dal governo del Laos. I cristiani si appellano al Governo perché sia revocata la disposizione di Savannakhet e perché non permetta che a livello locale o provinciale si adottino disposizioni che violano le leggi generali dello Stato.

Aumentano le vocazioni. A far da contraltare a questa notizia, che ha destato stupore nella comunità cristiana laotiana, l’annuncio dato da monsignor Tito Banchong Thopanhong, vicario apostolico di Luang Prabang, durante un colloquio con l’Agenzia Fides: l’ordinazione di tre sacerdoti nel vicariato di Luang Prabang. Un segno di grande speranza, l’ha definito il presule, che oggi ha solo un altro sacerdote nell’intero vicariato, per assistere i 2.600 fedeli nelle sei parrocchie esistenti. I quattro vicari apostolici cattolici di Luang Prabang, Vientiane, Savannakhet e Paksé, si incontreranno nella prossima settimana per definire data e modalità dell’ordinazione, prevista nel mese di dicembre 2015. All’evento sarà invitato il nunzio apostolico, che risiede a Bangkok e altri vescovi asiatici, come quelli cambogiani, della medesima Conferenza episcopale. Su circa 6 milioni di abitanti, nella quasi totalità buddisti, i cristiani in Laos sono circa l’1%. I cattolici sono 45mila. Oltre ai 4 vicari apostolici, i sacerdoti cattolici sono 14 in totale, anche se – come ha sottolineato il vicario apostolico – “siamo benedetti da altre vocazioni: a Paksè ci sono otto seminaristi, a Savannakhet cinque di quel vicariato e altri tre di Luang Prabang”.