Ambiente

L’ambiente da curare. Il G20 a Napoli cerca la svolta sul clima

Si apre oggi il vertice sul riscaldamento globale e la transizione energetica. L'Europa si presenta con il piano "Fit for 55", pressing sulla Cina per decarbonizzazione

Non bastano misure tampone, serve una cura “globale” per il Pianeta, c’è bisogno di uno scatto in avanti sul fronte della transizione energetica e dell’economia circolare. Clima ed energia sono i pilastri del G20 Ambiente che si apre oggi a Napoli. Due giorni per trovare soluzioni adeguate ad arginare il riscaldamento globale, finito in secondo piano a causa dell’emergenza sanitaria, e riprendere la tabella di marcia degli Accordi di Parigi. L’Italia da padrona di casa spinge sull’acceleratore, mettendo sul tavolo le misure sottoscritte dalla Commissione europea una settimana fa e cercando di “abbattere” le resistenze della Cina, ma anche di India, Russia e Arabia Saudita, che vedono la decarbonizzazione come un freno alla crescita. L’obiettivo è arrivare alla fine del vertice, venerdì pomeriggio, con un documento condiviso da tutti. Anzi due: uno sulla tutela dell’ambiente (cui sarà dedicata la giornata di oggi) e l’altro sulla transizione energetica, tema assai più spinoso per via degli interessi economici in gioco. «Abbiamo scelto di far prevalere l’ambizione e di lavorare incessantemente a un documento comune tra tutti» ha spiegato il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani che oggi aprirà i lavori del G20.

I Paesi membri, tra i quali anche i principali produttori di petrolio, rappresentano più dell’80% del Pil e del consumo energetico mondiale. Il punto più controverso è l’eliminazione dei sussidi alle fonti fossili e la messa al bando delle centrali a carbone. La presidenza italiana sta cercando di far passare l’impegno a destinare almeno un quarto dei piani di recupero per il post-pandemia alla lotta al cambiamento climatico.

La strategia a breve termine è quella di un’accelerazione delle politiche climatiche da qui al 2030 per mantenere il riscaldamento globale al di sotto dell’obiettivo più ambizioso degli Accordi di Parigi (solo 1,5 gradi in più rispetto ai livelli pre-industriali) aggiornando nel corso della Cop26 di Glasgow di novembre (di cui l’Italia sarà co-organizzatrice insieme al Regno Unito) gli obiettivi di decarbonizzazione dei singoli stati (i Ndc, National detemined contributions).

A Napoli i ministri europei arrivano con un’intesa già raggiunta in Commissione: il piano «Fit For 55» appena approvato che punta entro il 2030 a ridurre le emissioni di anidride carbonica del 55% rispetto ai livelli del 1990 (e del 100% nel 2035). Da sola però l’Europa non può risolvere il problema: è responsabile dell’8% delle emissioni globali di gas serra, a fronte del 15% degli Usa e del 28% della Cina. C’è bisogno di condivisione per ottenere risultati. I riflettori sono puntati sulle scelte del presidente Biden che come primo atto dopo la sua elezioni ha scelto di sottoscrivere gli Accordi di Parigi che Trump si era rifiutato di prendere in considerazione.

L’Europa punta a fare sponda con gli Usa e con il Giappone per trascinare il gigante cinese, che ha ripreso a correre dopo la pandemia e non ha nessuna fretta di limitare le emissioni. La Cina ha infatti fissato al 2060, dieci anni dopo la Ue, l’obiettivo per il raggiungimento della neutralità climatica.

Tra i punti salienti di «Fit For 55» lo stop alla vendita di auto benzina e diesel dal 2035, tasse aggiuntive sui combustibili fossili compreso il cherosene, l’ampliamento del sistema Ets (di scambio delle quote di emissioni) secondo il principio di chi inquina paga di più e l’introduzione della carbon tax per limitare le importazioni di prodotti inquinanti ed evitare delocalizzazioni.

da avvenire.it