La versione di Sergio

La vicenda della Coop 76 è tutt’altro che conclusa. Anche dopo la nomina dei liquidatori sembra esserci tanto di “non detto”. E dopo le polemiche seguite ad una sua intervista televisiva, torna a parlare Sergio Rigliani, ex presidente della Cooperativa Risparmio 76.

Prof. Rigliani, la sua intervista a Rtr, ha fatto molto discutere. Cosa è accaduto nei giorni successivi?

Quasi nulla. Ho ricevuto soltanto un paio di telefonate dagli ambienti della Coop 76, ma niente che potesse aiutare a chiarire la situazione. Mi aspettavo anche più attenzione da parte degli enti e della stampa, ma non mi hanno cercato. Ho ascoltato con attenzione l’intervista che il rappresentante della Cisl ha rilasciato in risposta alla mia. Mi sembra che le questioni sollevate rimangono ancora tutte sul tavolo.

Come si è sentito?

Mi sono sentito come quel tale che pur dicendo la verità non è ascoltato da anima viva. E di verità si tratta: nessuno si è fatto avanti per dare un cenno di assenso, ma nemmeno per dimostrare il contrario di quanto ho affermato.

Dal suo discorso è emerso un panorama di responsabilità assai ampio. Ha chiamto in causa la dirigenza della cooperativa e i lavoratori, ma anche i sindacati e la politica…

Le cose stanno così, e ovviamente anch’io ho le mie responsabilità. Nessuno può chiamarsi fuori. Quello che mi interessava era evidenziare passaggi e situazioni che fin’ora sono stati affrontati con spirito di verità…

Perché?

Si ha quasi l’impressione di un qualche accordo contro Coop 76. L’azienda ha subìto attacchi da diverse parti. Nessuno ha detto una parola a favore della Cooperativa nel momento della difficoltà. Anzi, fin troppi hanno puntato il dito contro, soprattutto dal sindacato. Peraltro non si capisce perché, da gennaio a giugno, ancora nessuna sigla abbia firmato l’accordo per il piano industriale con chi ha presentato l’unica soluzione concreta. Non possono che venire dubbi e farsi avanti domande…

La vicenda chiude la storia dell’ultima grande azienda reatina…

Sì, ed è doloroso vederla dissipata o fagocitata in questa maniera. Sarebbe bastato davvero poco per mantenerla viva, attiva e ancora autenticamente locale. È un desiderio che si sente anche nel cuore della gente. È un vero peccato che pochi elementi negativi siano bastati a decretarne il crollo.

Cosa esattamente?

Difficile sintetizzare in due parole. Forse un’infondata paura. Informazioni sbagliate, si direbbe diffuse ad arte, hanno spaventato i lavoratori e i soci prestatori. I primi, per paura di perdere il posto, hanno paradossalmente cominciato a remare contro la cooperativa. Dopo due giorni di sciopero, regolarmente indetti dai sindacati, molti dipendenti hanno semplicemente continuato a non lavorare, ad oltranza. Ci sarebbero stati gli estremi per licenziarli, ma la cooperativa non ha mai nemmeno accennato ad una risposta simile. Quanto ai prestatori, spaventati dall’annuncio di una catastrofe imminente, quando sono corsi a ritirare i loro risparmi hanno privato la cooperativa della liquidità necessaria, assestandole il colpo di grazia.

Ma non c’era anche un forte debito?

Sì, ma il debito per Coop 76 non è mai stato un vero problema. Eravamo sempre riusciti a rifinanziarlo. Per l’azienda era uno strumento di sviluppo. E molte cause di indebitamento si sarebbero potute facilmente rimuovere. Ci sono state realtà satellite che da Coop 76 hanno preso tanto senza restituire nulla o quasi. Nel tempo erano state messe a sistema situazioni a perdere che richiederebbero di essere approfondite con attenzione.

Perché la stampa ha cercato di evidenziare in tutti i modi le difficoltà dell’azienda?

La stampa fa il suo lavoro nel diffondere le notizie. Il problema sta nelle intenzioni di chi le fornisce. Le informazioni più critiche sono arrivate dall’interno della Cooperativa, tramite alcuni lavoratori. Non si capisce che interesse avessero a diffondere le immagini degli scaffali sguarniti di alcuni negozi. Semmai avrebbero avuto l’interesse di tutelare l’azienda che pagava loro lo stipendio. È difficile credere che si siano mossi da soli. Rimane invece forte la “teoria del sospetto”.

Qual è stato il punto di non ritorno?

Non so dire quale sia stato davvero il punto di non ritorno. Mi viene in mente quando Pam (ultimo fornitore della Coop 76, ndr.), a Natale, non ha scaricato la merce: la cooperativa era «insolvente». Questo ha suscitato grande clamore, ma in realtà mancava solo il saldo di una rata. Comunque sia, Pam ha preferito incassare le fideiussioni bancarie, lasciando la cooperativa praticamente senza merce nel periodo dell’anno in cui lavorava di più. Quasi uno sciacallaggio. Ciò nonostante, a gennaio saremmo comunque stati in grado di pagare gli stipendi. Solo la corsa al ritiro del prestito sociale ce lo ha impedito.

Cosa accadrà adesso? Quale sarà la sorte dei lavoratori? E dei soci prestatori?

Per i lavoratori spero non ci saranno grossi problemi. Dovranno affrontare mesi di disagio, ma con la riapertura dei negozi saranno riassorbiti. Quanto al prestito soci, ormai è un problema del liquidatore. Da parte nostra, probabilmente contro gli interessi stessi dell’azienda, abbiamo provveduto a restituire tutto quello che le nostre casse ci hanno permesso.

C’è chi la accusa di non essersi fatto avanti al momento opportuno…

Hanno ragione. In parte ci sono motivi legati alla mia storia di uomo. Ma è anche vero che il Cda aveva pianificato una via di uscita. Ci è mancato l’aiuto. A quelli che mi chiedono dov’ero, vorrei chiedere a mia volta dov’erano loro quando la cooperativa aveva bisogno di sostegno, soprattutto sindacale.

Quale era il piano?

Il momento era drammatico, ma si apriva anche una grande opportunità. A dicembre avevamo il tetto massimo di sviluppo mai raggiunto dalla cooperativa. Ma anche il tetto massimo di crisi gestionale. Il Cda aveva pensato di uscire dalle difficoltà cambiando immediatamente marchio, accedendo ad un breve periodo di ammortizzatori sociali per alcuni lavoratori e, se necessario, cedendo uno o al massimo due punti vendita. Purtroppo con i “se” e con i “ma” non si fa la storia. Non ci è stata concessa la possibilità di riprenderci ed oggi la più grande cooperativa reatina va verso la liquidazione coatta.

Rimane una profonda tristezza.

Sì. Stranamente da alcuni la liquidazione di Coop 76 viene vissuta come una vittoria. Per me, che avevo cominciato lavorando per la Cisa, è un dolore. La Coop 76, più nel bene che nel male, ha fatto la storia della nostra città. Porto il rammarico di non essere riuscito a bloccare alcune dinamiche interne, alcune ripicche, alcuni picconatori, alcune ambizioni. Pare che tutti si siano serviti della Cooperativa per i loro scopi: il mondo politico, quello sindacale e quello commerciale. Mentre la Cooperativa ha testardamente continuato a servire, finché ha potuto, il suo scopo sociale.

One thought on “La versione di Sergio”

  1. simone

    E’ BELLO A COSE FATTE PARLARE IN QUESTO MODO…. LA COLPA SAREBBE DEI LAVORATORI CHE NON LAVORAVANO, DELLA PAM CHE NON SCARICA LA MERCE E DEI SOCI CHE RITIRANO I PROPRI SOLDI.
    RIGLIANI MENO MALE CHE NON CI SEI PIU A RIETI E AL MONDO COOPERATIVO NON SANNO CHE FARSENE DI UNO COME TE
    SALUTI UN SOCIO PRESTATORE RIMASTO A BOCCA ASCIUTTA

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