La tragedia di sesto: “sliding doors” della nera signora

Una madre di tre gemellini uccisa dal furgone precipitato dall’alto ripropone la domanda: “come è potuto accadere?”. Gli antichi ammonivano a mettersi al riparo dall’ira arbitraria delle divinità. I cristiani, fondati nella misericordia e speranza della fede, cercano il senso.

Non è poi così lontana Samarcanda. A volte è nel cortile di casa. Dove la nera signora aspetta accanto a una bicicletta legata al cancello e una donna muore schiacciata da un furgone che precipita dall’alto. Agnese Scorzano aveva 44 anni, un marito, tre gemellini di sette anni e ieri è morta a Sesto San Giovanni, nell’hinterland milanese, dopo che un furgone le è piombato addosso scivolando da un terrapieno. La ringhiera di protezione ha ceduto e per Agnese che era proprio lì sotto non c’è stato scampo.

Due chiacchiere con un’amica, rimasta illesa, il lucchetto della bici che non si apre subito, mentre pochi metri sopra di lei serviva spazio per caricare meglio un mobile. Spostare il mezzo, questione di un attimo, questione da poco. Non si sa se l’uomo che si è messo al volante e ha effettuato la retromarcia fatale sapesse guidare. Di sicuro era senza patente, ma questo non conta per la giustizia perché il fatto “è avvenuto in un’area privata e non sulla strada” e l’unico reato di cui dovrà rispondere è quello di omicidio colposo.

Non una tragedia della strada, un investimento, un incidente: che pure sarebbe stato terribile ma comprensibile. La farsa del film in cui un pianoforte caduto dal cielo colpisce l’incolpevole passante, tra lo stupore dei passanti, si è concretizzato in dramma: “come è potuto accadere?”. E’ stata una manovra inesperta, una ringhiera cedevole, un attimo di distrazione che è costato una vita. Si scrive e si dice fatalità maligna, caso ingrato, destino cinico e baro. Espressioni prevedibili quando accadono tragedie incomprensibili, talmente evocate da divenire scontate, eppure ancora solide nel descrivere l’inspiegabile.

Sliding doors: bastava un metro più in là, bastava un attimo prima, bastava un attimo dopo. Bastava. Gli antichi ammonivano a mettersi al riparo dall’ira arbitraria delle divinità: vivi nascosto, non mostrarti troppo felice o gli Dei avranno invidia e ti puniranno. Ineluttabilmente. I cristiani, fondati nella misericordia e speranza della fede, cercano invece il segno, il motivo, la ragione che giustifichi la spietatezza immeritata, la morte ingiusta che colpisce il piccolo, l’inerme, il buono. “Io non sono andata a cercare i guai: son loro che sono venuti a cercar me”, dice placida Lucia Mondella al suo Renzo. La conclusione del loro lungo “dibattere e cercare insieme” è quella “della povera gente”: “i guai vengono bensì spesso, perché ci si è dato cagione; ma che la condotta più cauta e più innocente non basta a tenerli lontani; e che quando vengono, o per colpa o senza colpa, la fiducia in Dio li raddolcisce, e li rende utili per una vita migliore”.

Non sappiamo perché il dolore e la sofferenza trafiggano la vita e non ci viene chiesto di rassegnarci a un destino senza scopo. Il senso di una vita si compie a volte in un attimo e sempre lascia l’interrogativo inevaso sul senso della morte, che nessuna filosofia può sciogliere nel cuore di chi resta. E cerca la risposta della povera gente.