La rivoluzione del lavoro

Iniziata con la scomparsa dei “front office”. E’ solo l’inizio

Il progresso porta cambiamenti, quello tecnologico ha rivoluzionato l’umanità. Se all’inizio del Novecento gli imperatori giravano in carrozza, 69 anni più tardi gli astronauti passeggiavano sulla Luna. E la rivoluzione digitale, l’avvento del computer, del telefonino, di internet stanno già trasformando in preistoria quella passeggiata lunare.

Questo per dire che le novità stanno cambiando radicalmente e velocemente non solo la nostra società, ma il mondo intero. E stanno cambiando il mondo del lavoro, tanto che fatichiamo ad immaginarci come sarà tra soli vent’anni.

Si può già ora intuire chiaramente cosa non sarà; soprattutto, chi non ci sarà più. I postini, ad esempio. Un’attività che ha centinaia di anni alle spalle, messa al muro da internet e dalle mail: così bruscamente che già le mail potrebbero non esistere più tra pochi anni. Certo non vedremo più gli omini in bici recapitare pacchi e corrispondenza in una buca delle lettere buona ormai per i nidi di ragno.

Altra professione in rapido declino è quella dei bancari. Se il conto corrente ormai si gestisce dal proprio computer, non serve più andare fisicamente alla filiale; non serve più il personale dietro ad uno sportello sempre meno frequentato. Le banche l’hanno rapidamente capito: se fino al 2007 c’era la corsa ad aprire o ad acquistare nuove filiali, ora c’è la corsa inversa a vendere, razionalizzare, chiudere.

Un destino che accomuna tutti i servizi cosiddetti front office. Spariranno le singole anagrafi comunali, comunque molti dei posti di lavoro che prevedono un impiegato allo sportello; stanno già sparendo le agenzie di viaggio, gli uffici di promozione turistica, certe fiere… Ma la vera rivoluzione è solo alle porte, e non ci piace per nulla: si chiama e-commerce. Perché andare in negozio ad acquistare – c’è da spostarsi, non si trova il parcheggio, non si ha tempo… – quando le scarpe o la lavatrice si possono acquistare comodamente da casa, con un solo clic?

Significherà non solo la distruzione di decine di migliaia di posti di lavoro, ma anche la trasformazione radicale del nostro panorama urbano, delle nostre abitudini: basta negozi, passeggiate cittadine tra vie spoglie, desertificazione commerciale delle periferie. Perché magari la boutique in centro rimarrà, ma la rivendita nel quartiere?

Nasceranno per converso nuove figure professionali. Le nanotecnologie sono solo all’inizio, e con esse tutto l’indotto che porteranno; la popolazione continuerà ad invecchiare, e non sarà più solo un problema di trovare badanti straniere all’altezza della situazione: nuovi bisogni, nuovi servizi, nuove attività lavorative. Purtroppo la denatalità inciderà al contrario: in Corea del Sud, dov’è addirittura peggiore che da noi, sono spariti i pediatri, le maestre, i negozi di giocattoli…

Il mondo sarà sempre più “vicino”, più interconnesso. Se spariranno i traduttori – ci penserà la tecnologia a farci comunicare istantaneamente in quasi tutte le lingue del mondo – in compenso aumenteranno i lavoratori con la valigia in mano. Compresi quelli che andranno a lavorare lontano: nello spazio, dove vettori-bus porteranno i nostri figli o nipoti a lavorare nelle sonde spaziali o nelle basi extraterrestri. Magari tornando per il fine settimana, per la grigliata in famiglia.

Ah, ci sarà ancora la famiglia? Certamente sì perché, dopo il tentativo di trasformarci tutti in una platea di individui-consumatori, si sta scoprendo che questa configurazione è fragile e non molto vantaggiosa nemmeno a livello economico. E la politica, pian piano, si adeguerà e smetterà nella sua sistematica azione di distruzione dell’istituto familiare.