Danza

La “ribellione” senza confini del mondo della danza

L’étoile del Bolshoi moscovita Olga Smirnova e le ballerine della compagnia di Kiev chiedono ospitalità all’estero. Contro corrente il pianista Berezovsky

Mentre il teatro di Mariupol crolla sotto le bombe, c’è chi dice (continua a dire) no. No alla guerra. No alla violenza. In piazza. Sui social. Facendo irruzione in un telegiornale. O su un palcoscenico, danzando. Contrapponendo all’orrore del conflitto la bellezza dell’arte. Urlando, per coprire voci di odio, come quella del pianista Boris Berezovsky. «Capisco che abbiamo pietà per gli ucraini, che stiamo andando piano, ma non dovremmo essere più rigorosi, circondarli e tagliare loro l’elettricità? » ha detto alla tv di Stato, non senza suscitare sgomento persino tra gli stessi russi.

Certo, c’è chi tace, come Valery Gergiev, che con il suo silenzio sull’invasione dell’Ucraina da parte di Mosca ha visto chiudersi tante porte, prima fra tutte quella del Teatro alla Scala di Milano che gli ha tolto la bacchetta nelle repliche della Dama di picche di Petr IliIc Tchajkovskij. Tace Svetlana Zakharova, étoile scaligera, nata in Ucraina, eletta nel 2008 alla Duma nelle file di Russia unita, il partito di Putin. Un silenzio che pesa, perché la ballerina è attesa il 9 aprile al Piermarini per un gala in memoria di Carla Fracci.

E se vale anche per lei quello che il sindaco Sala ha chiesto a Gergiev, o condannerà l’attacco, invocando pace per la sua terra, o dovrà rinunciare. Ma sono in molti gli artisti che dicono no alla guerra. A parole, certo. Ma soprattutto con gesti eclatanti. Coraggiosi, perché sono un salto nel buio e potrebbero cambiare la loro carriera.

Ha fatto rumore il clamoroso addio del direttore musicale del Bolshoi Tugan Sokhiev che ha lasciato la guida del teatro. E l’ultima, in ordine di tempo, a dire il proprio dissenso è Olga Smirnova, prima ballerina del Teatro Bolshoi di Mosca che ha deciso di lasciare il prestigioso corpo di ballo perché, ha scritto in un messaggio su Telegram, «non avrei mai pensato che mi sarei vergognata della mia Russia, sono sempre stata orgogliosa del talento dei russi, dei nostri successi culturali e atletici. Ma ora sento che è stata tracciata una linea che segna un prima e un dopo».

Tutù e scarpette in valigia, Olga Smirnova, nata nel 1991 a San Pietroburgo, è partita per Amsterdam, dove ballerà nel Dutch national ballet. «Non posso che dire che con tutte le fibre dell’anima sono contro la guerra. Fa male vedere che le persone muoiono, mentre altre sono costrette a lasciare le loro case» ha scritto la ballerina prima di lasciare Mosca convinta che «anche se non siamo nell’epicentro delle ostilità, non possiamo rimanere indifferenti di fronte a una catastrofe globale».

Prima di lei a dire addio alla compagnia di danza del Bolshoi era stato Jacopo Tissi, il ventisettenne italiano, formatosi alla Scuola di ballo della Scala, che da poco aveva realizzato il sogno (primo italiano nella storia) di essere nominato primo ballerino del corpo di ballo moscovita. Perché la Russia è la patria del balletto. Da sempre. E l’Ucraina non è da meno. Terra di talenti (è ucraino Sergeij Polunin, il danzatore con il volto di Putin tatuato sul petto che, però, ha preso le distanze dal leader russo). Proprio il Kiev city ballet ha trovato casa al Théatre du Chatelet di Parigi. Dove i ballerini ucraini danzano, con il cuore nella loro terra, per dire no alla guerra.

da avvenire.it