La resa degli editori a Facebook “barone delle news”

Trattative in corso: gli utenti del social network non saranno più costretti a cliccare sui link del giornale per leggere un articolo ma potranno farlo direttamente dal proprio account. Sembra una scelta disperata, da parte dei grandi editori che hanno deciso di varcare questa soglia. E tutto per quegli 8 secondi (troppi di questi tempi) per collegarsi alla testata prescelta. Cosa ne guadagneranno?

Siamo al punto di svolta. Facebook sta per stringere un accordo con alcuni importanti gruppi editoriali. “New York Times”, “BuzzFeed” e “National Geographic”, sono fra i primi, ma anche il britannico “The Guardian” sta partecipando, in gran segreto, a trattative simili. Gli utenti di Facebook non saranno più costretti a cliccare sui link del giornale per leggere un articolo ma potranno farlo direttamente dal proprio account. Sembra una scelta disperata, da parte dei grandi editori che hanno deciso di varcare questa soglia.
“Per giornali e agenzie di stampa niente ha lo stesso potere di attrazione di Facebook. E niente li rende più nervosi”, hanno scritto Ravi Somaiya, Mike Isaac e Vindu Goel sulle pagine del “New York Times” (NYT) in un lunghissimo articolo pubblicato allo scopo di cercare di trovare una logica nella scelta di “regalare” le proprie notizie a Facebook. “Con 1,4 miliardi di utenti, Facebook è diventato una fonte vitale di traffico per gli editori che cercano ogni giorno di raggiungere un pubblico sempre più frammentato e incollato agli smartphone”, hanno spiegato. Secondo i reporter del “NYT”, negli ultimi mesi, Facebook sta trattando accordi simili con almeno una mezza dozzina di editori in tutto il mondo.
Le previsioni, però, sono pessimistiche e il mondo del giornalismo americano è già in subbuglio. “Facebook sta per diventare il barone delle news”, ha scritto Robinson Meyer su “The Atlantic”. Un accordo di questo tipo “trasformerebbe le società dei media in servi della gleba in un regno che è posseduto da Facebook”, aveva profetizzato a ottobre David Carr, un giornalista che lavora proprio nel “New York Times”. I motivi che spingono gli editori verso questo passo, come si stanno affannando a spiegare gli analisti in tutto il mondo, sono da ricercare in una manciata di secondi. Sarebbero troppo lunghi i circa 8 secondi che sono necessari ad un utente Facebook per passare sul sito del giornale allo scopo di leggere una notizia di cui ha trovato il link sul proprio account. Sembra un paradosso in una società dove le persone perdono ore nel traffico per strada o in attesa dei mezzi pubblici. Secondo le più approfondite ricerche del marketing quei miseri 8 secondi sono in grado di condizionare negativamente gli accessi ai siti dei giornali.
Resta da capire cosa ci guadagneranno i media a rinunciare al traffico sulle proprie pagine sul web. I vertici di Facebook, per il momento, a parte alcune vaghe promesse sulla condivisione degli utili, non sono ancora entrati nei dettagli. Negli uffici marketing dei giornali, però, sono già in molti a stracciarsi le vesti. Tutte le informazioni sulla composizione e le abitudini del pubblico dei lettori, in questo modo, rimarrebbero nella cassaforte di Facebook con una perdita irreversibile di capacità strategica. Non solo. Secondo Robinson Meyer di “The Atlantic”, lo scenario potrebbe essere ancora più inquietante. Una volta che i giornali si saranno consegnati in ostaggio, Facebook diventerà più potente del “Grande fratello” immaginato da Orwell. Sarà il solo detentore del rubinetto attraverso il quale passerà l’informazione globale. Un problema non secondario per la libertà di stampa e che è già di stringente attualità, anche senza aspettare il verificarsi di scenari distopici. Se si perde un po’ di tempo con gli studenti di un qualsiasi liceo, in Usa come in Europa, non ci vuole molto a scoprire che Facebook è già oggi la principale se non l’unica fonte di informazione per le giovani generazioni.