La notte azzurra a Rieti

L’Italia campione d'Europa mobilità la città in una grande festa di popolo

È stata uno squasso emotivo la finale tra Italia e Inghilterra, ma poi anche Rieti festeggia la vittoria nel Campionato Europeo di calcio della Nazionale, che a Wembley l’ha spuntata ai calci di rigore. Sul quinto tiro inglese Donnarumma si stende, intercetta, para, devia e a quel punto la tensione si scioglie in una gioia incontenibile: parte il carosello delle auto, dei motorini, di quelli che vanno a piedi sventolando il tricolore o portandolo come un mantello.

Tanti sono a torso nudo: si urla, si suonano i clacson, si dà fiato a trombe e vuvuzela. Il frastuono è di quelli che fanno fischiare le orecchie, ma i cori da stadio tengono testa. Si canta l’inno nazionale salutando il cielo con il braccio o mettendo la mano sul cuore. Arrivano auto, motociclette, motorini. C’è chi sceglie il trattore, chi viaggia su un camion convertito a discoteca mobile. Come presi da un’onda di marea si converge tutti a Porta Cintia, si sta attorno e sopra la rotatoria. Si salta, ci si abbraccia, ci si esalta. La gioia sale come una febbre.

In breve tempo i gas di scarico si concentrano, bassi e pesanti. Ci vorrebbe la mascherina, ma quasi nessuno la porta. Mosso da chissà quale segnale un grande gruppo si stacca, attraversa il centro per scendere verso il Ponte Romano. Nel cuore della movida la battaglia di grida e bandiere si ripete come una seconda dose, necessaria, agognata, liberatoria. Ci si ritrova in piazza. Marco si sbraccia e sorride felice. Francesca ha il tricolore disegnato sulle guance e si guarda intorno senza staccarsi dalle amiche. Tommaso ha collegato una pompa di bicicletta a una trombetta di plastica e non la smette di suonare. Ci sono anche Martina e Arianna, Nicolò e Filippo, Thomas, Simone e Anna.

Ci sono tutti e si capisce che hanno voglia di incontrarsi, guardarsi, abbracciarsi. Hanno bisogno di condividere le emozioni, di fare gli scemi, di esagerare, di fare senza pensare. Hanno fame di vita e sentono che è giusto, che da questa smania che sale da dentro deve per forza venire qualcosa di buono. Sono giovani, hanno ragione. C’è da sperarlo.