La Gran Bretagna si affianca alla Cina nella sperimentazione sugli embrioni umani. Taglia e cuci del Dna

La tecnica utilizzata è la Crispr-Cas9, un sistema di recente scoperta e di decisa avanguardia, che permette di operare con estrema precisione sul Dna utilizzando una sorta di “forbice molecolare” che taglia in qualsiasi punto il Dna per sostituirne il frammento da correggere. Si moltiplicano gli interrogativi etici.

Arriva dalla Gran Bretagna il secondo via libera al mondo – la Cina aveva annunciato esperimenti senza bisogno di autorizzazioni – per agire in maniera dirompente sugli esseri umani manipolandone il genoma, una prospettiva così destabilizzante da essere già stata oggetto di una moratoria da parte degli stessi scienziati che chiedono cautela. La tecnica utilizzata è la Crispr-Cas9, un sistema di recente scoperta e di decisa avanguardia, che permette di operare con estrema precisione sul Dna utilizzando una sorta di “forbice molecolare” che taglia in qualsiasi punto il Dna per sostituirne il frammento da correggere. In questo modo

è possibile modificare in radice il patrimonio genetico di esseri umani che poi lo trasmetteranno alla propria discendenza.

Le potenzialità e le applicazioni curative di questa tecnica sono infinite, ma il rischio è che venga utilizzata per “editare” esseri umani su misura, magari introducendo caratteristiche desiderate a scelta. È stata la Human Feriitilisation and Embryology Authority (Hfea) – l’autorità che regola il campo della fecondazione assistita ed embriologica in Gran Bretagna – ad autorizzare il Francis Crick Institute a ‘ritoccare’ geneticamente gli embrioni umani, provenienti da cliniche che utilizzano tecniche di fecondazione in vitro “per comprendere il processo cruciale nelle prime fasi di sviluppo”. Poiché circa il 50% degli ovociti fecondati non si sviluppa correttamente, secondo gli esperti il responsabile potrebbe essere proprio un’anomalia nel codice genetico. Così, attraverso esperimenti su embrioni di una settimana di vita (dal concepimento), i ricercatori vogliono disattivare uno alla volta alcuni geni di questi embrioni per verificare cosa accade. Il progetto pilota – che dovrà essere sottoposto anche a una valutazione di tipo etico – coinvolgerà fino a 30 embrioni e il team potrebbe lavorare su ulteriori 3 geni, portando il totale a 120.

La legge britannica comunque vieta che gli embrioni così ottenuti vengano impiantati per dare il via a una gestazione: le ricerche sugli embrioni, anche modificati, sono permesse a patto che non siano poi sviluppati in una gravidanza.

Ciò non elimina affatto le polemiche sulla liceità di una ricerca che coinvolge gli esseri umani. “L’embrione umano non è un oggetto o un qualcosa che può essere utilizzato. È un progetto biologico unico e irripetibile” – ha ricordato il genetista Bruno Dallapiccola, direttore scientifico dell’Ospedale pediatrico Bambin Gesù di Roma – “Modificare geneticamente embrioni umani non solleva solo problemi etici, ma anche tecnici: la procedura del cosiddetto ’editing genetico’, non è ancora standardizzata e quantomeno bisognerebbe avere una ’decorosa prudenza’. Quando si va a toccare il Dna per correggere una mutazione difettosa si possono indurre errori in altre parti del genoma”. Di parere opposto un altro genetista, Edoardo Boncinelli: “Modificare geneticamente l’embrione umano per studiare cosa succede nei primi giorni del suo sviluppo ci permetterà di capire cosa possiamo fare per prevenire gli aborti spontanei”. E precisa: “Studiare per cercare di capire qualcosa non è mai sbagliato, che poi un giorno la scienza ci condurrà verso la creazione di bambini geneticamente modificati non lo possiamo escludere”.

Risuona quantomai attuale il discorso che Papa Francesco pochi giorni fa ha pronunciato ricevendo i membri del Comitato nazionale per la bioetica.

Nel ricordare che la persona va considerata “nella sua singolarità, sempre fine e mai come mezzo” e che gli embrioni non vanno mai trattati come “materiale scartabile”, il Pontefice ha affermato: “Tale principio etico è fondamentale anche per quanto concerne le applicazioni biotecnologiche in campo medico, le quali non possono mai essere utilizzate in modo lesivo della dignità umana, e nemmeno devono essere guidate unicamente da scopi industriali e commerciali”.