La Gmg ai tempi dell’Isis. I giovani sulla strada della Misericordia “non abbiamo paura!”

A Cracovia si è celebrata la XXXI Gmg, forse nel tempo più drammatico della sua trentennale storia. Guerre, terrorismo, ondate migratorie, crisi perduranti minano le speranze e le attese dei giovani, generano paure, insinuano incertezze per il futuro. Nonostante ciò dai giovani sono arrivati messaggi forti – non abbiamo paura, costruire ponti e più facile che innalzare muri – e tante domande: come amare chi ci odia? come vivere in pienezza? Giorni di dialogo intensi tra i giovani e Papa Francesco, un fuoco di fila di domande con un’unica risposta, “risposta che non si compra, che non è una cosa, che non è un oggetto, è una persona, si chiama Gesù Cristo”

Qualcuno ha detto – a ragione – che questa che si è appena chiusa a Cracovia è stata la prima vera Gmg social. Probabilmente è stata anche la prima Gmg al tempo dell’Isis, dove nell’acronimo dello Stato islamico, ma meglio è dire Daesh, si può racchiudere il significato della violenza cieca e del terrore che attentati e guerre stanno disseminando in molte parti del mondo. Paura che diventa compagna di viaggio per coloro che si mettono in cammino, si spostano, come è accaduto anche per i giovani giunti in Polonia per la XXXI Gmg. Ma è stata una compagna di viaggio leggera negli zaini dei pellegrini, quasi non si è fatta sentire. Più forte, infatti, è il legame che stringe i giovani a Papa Francesco, la loro voglia di ascoltarlo e seguirlo. In ogni dove. Con coraggio. Per questo la paura non ha vinto come dimostra il milione e mezzo di pellegrini, forse più, che hanno invaso Cracovia e colorato i luoghi della Gmg, come il parco di Blonia, i santuari di suor Faustina e di san Giovanni Paolo II, fino a riempire la vasta spianata del Campus Misericordiae, per la veglia e la messa finale. La gioventù non ha paura, è il primo grande risultato di questa Giornata che Papa Francesco ha voluto dedicare alla Misericordia.

A Cracovia i giovani hanno abbracciato il Pontefice rendendolo partecipe dei loro dubbi, delle loro attese e speranze, fino a confidargli i dolori più intimi, come la ragazza vittima a lungo di bullismo, che chiede cosa fare per perdonare pienamente i suoi aggressori, o la giovane siriana, Rand Mittri, da Aleppo. Davanti alla guerra che sta distruggendo il loro Paese ha gridato “Dio dove sei? Esisti davvero? Siamo nati per morire nella sofferenza?” E ancora la studentessa scampata “per un puro caso” al disastro ferroviario Andria-Corato che chiede: “come tornare alla normalità?”. La giornalista di moda, Natalia, e l’ansia di vivere una vita spesa male guarita con il sacramento della Riconciliazione cercato su Google, e Miguel, con la sua dipendenza dalla droga, tunnel dal quale è uscito grazie sempre alla Confessione e al perdono.

Un fuoco di fila di domande, di testimonianze, un dialogo continuo, serrato, con Francesco che, senza fare sconti, rilancia con altrettanta forza: “volete per la vostra vita quella vertigine alienante o volete sentire la forza che vi faccia sentire vivi e pieni? (Parco Jordan a Błonia, Cracovia, Giovedì, 28 luglio). “Volete essere giovani addormentati, imbambolati, intontiti? Volete che altri decidano il futuro per voi? Volete essere liberi? Volete essere svegli? Volete lottare per il vostro futuro?” (Campus Misericordiae, Cracovia, Sabato, 30 luglio). Fino ad arrivare alla soluzione di tutto:

“Per essere pieni, per avere una vita rinnovata, c’è una risposta, c’è una risposta che non si vende, c’è una risposta che non si compra, una risposta che non è una cosa, che non è un oggetto, è una persona, si chiama Gesù Cristo”.

Nello stile del Pontefice, il botta e risposta ha coinvolto anche i vescovi nei tre giorni previsti di catechesi, come mai era accaduto nelle precedenti Gmg.

Papa Francesco lo sa bene: è stimolante sentire i giovani condividere sogni, domande e voglia di cambiare il mondo anche se c’è chi si oppone a questa logica di cambiamento. E a Cracovia

le nuove generazioni lo hanno ribadito: non vogliono “vivere a metà” ma agire da protagoniste, spendersi per “i fratelli più poveri e più deboli”,

diventando “risposta concreta ai bisogni e alle sofferenze dell’umanità”. Giovani che non “confondono la felicità con un divano” ma risoluti a “lasciare un’impronta”. Nel parco di Blonia, nella spianata del santuario di san Giovanni Paolo II, fino al Campus Misericordia i giovani hanno detto il loro forte ‘sì’ agli inviti del Papa che ha proposto loro “il Signore del rischio. Gesù non è il Signore del confort, della sicurezza e della comodità. Per seguire Gesù, bisogna avere una dose di coraggio”.

Nelle strade di Cracovia si sono visti tanti gesti di accoglienza, di fraternità, di solidarietà – l’abbraccio ai francesi dopo l’uccisione di padre Hamel a Rouen resta una istantanea indelebile di questi giorni – di cura del prossimo e del più debole, a dispetto di tanti adulti che brandiscono fede, bandiere, etnia e colore della pelle come armi di divisione. I giovani hanno testimoniato visibilmente che è “più facile costruire ponti che innalzare muri” e insegnato che vale la pena di attendere qualcosa di buono per sé dalla vita. Non una mera illusione ma un sogno che si può realizzare e sul quale è scesa la benedizione di Francesco: “Dio benedica i vostri sogni”. Cracovia è finita ma il sogno dei giovani continua sulle strade della Misericordia