Chiesa di Rieti

La comunità francescana di San Rufo festeggia tre anni

Nel terzo anniversario della “Fraternità minoritica San Francesco”, un momento di preghiera nella chiesa al centro d'Italia, dove i tre frati ­– minore, conventuale, cappuccino – stanno vivendo quest’esperienza che ha costituito un unicum, incoraggiando anche altre esperienze simili in Terra Santa

Nel terzo anniversario della “Fraternità minoritica San Francesco”, un momento di preghiera a San Rufo, dove i tre frati ­– minore, conventuale, cappuccino – stanno vivendo quest’esperienza che ha costituito un unicum all’inizio, incoraggiando anche altre esperienze simili in Terra Santa (ma lì solo tra minori e conventuali) ed ora anche ad Assisi, alla “Chiesa Nuova” che sorge sulla casa natale di san Francesco.

Per la comunità mista fra le diverse obbedienze francescane voluta dal vescovo Domenico nel cuore della Valle Santa reatina, tre anni di un cammino sentito «particolarmente emozionante», ha detto padre Luigi Faraglia, che della fraternità è l’esponente più anziano (ed è reatino di nascita), nel rivolgere il saluto all’inizio della celebrazione vespertina che, alla vigilia dell’Immacolata, si è svolta nella chiesa all’umbilicus Italiæ, segnandone anche la riapertura al pubblico dopo che una verifica post sismica aveva rilevato delle piccole criticità che si sono dovute risolvere. Chiesa ora a tutti gli effetti affidata alla fraternità che nel sovrastante palazzo vive, insieme a quella delle suore francescane indiane che ne hanno la custodia.

Era infatti il 7 dicembre quando nasceva questa forma di condivisione fra le tre famiglie del Primo Ordine di san Francesco. Con padre Luigi conventuale, la rappresentanza dei minori continua a essere padre Marcello Bonforte, mentre il posto dei cappuccini è occupato da fra Fabio Tubili, che si trovava a Colle San Mauro e che da un paio di mesi ha rimpiazzato il confratello padre Antonio Tofanelli.

Un impegno, quello dei tre religiosi, che si dipana tra l’hospice San Francesco, l’ospedale, la cappellania della Pia Unione Sant’Antonio (con la rettoria di San Francesco che resta però chiusa per lavori che si prefigurano non di breve durata), l’assistenza alle monache clarisse di Santa Chiara che si stanno ristabilendo a Rieti e ora anche il servizio al santuario francescano della Foresta, dove uno di loro si reca la domenica per la Messa festiva, che viene animata da un nascente gruppo Gifra, Gioventù francescana, che padre Marcello sta seguendo.

Sono stati i giovani di questo gruppetto ad animare il canto dei Primi Vespri che hanno aperto la solennità dell’Immacolata Concezione di Maria, «colei che nella forma più perfetta aderisce al disegno di Dio» nel rispondere alla sua chiamata, ha detto il vescovo Domenico che ha presieduto il rito. Guardando a lei, ha detto monsignor Pompili, i credenti sono chiamati al percorso che porta a «tornare al disegno delle origini, alla freschezza originaria».

E in questo contesto si deve collocare, a detta di monsignore, il terzo anniversario di questa comunità francescana, alla cui base c’è proprio l’intuizione del voler in qualche modo “tornare alle origini” in questo luogo, la valle reatina, che ha segnato il carisma più originario dell’esperienza di Francesco. In particolare il vescovo ha sottolineato due caratteristiche della vita della comunità che a tale carisma “primigenio” si richiamano: «il vivere il Vangelo sine glossa e il vivere sine proprio». Il Vangelo “autentico”, con la chiamata ad annunciarlo, è «un ritorno alle origini, perché san Francesco è colui che ha riportato il primo piano l’annuncio del Vangelo». E poi il sine proprio, perché, ha detto Pompili, «qui non avete una parrocchia propria, una realtà che vi appartiene: la maggiore caratteristica della vostra comunità è l’estrema povertà», offrendo «alla nostra Chiesa locale una grande opportunità della quale credo che col tempo molti si renderanno persuasi».

Una presenza, quella di questa comunità, che sta a testimoniare la grande umiltà e libertà francescana, ha ribadito anche – intervenendo al termine della celebrazione – il provinciale dei Minori padre Massimo Fusarelli, che anche dai confratelli delle altre due obbedienze è incaricato di seguire la fraternità reatina. «San Francesco ci ha voluto liberi e sganciati da tutto», ma nel corso della storia i francescani hanno invece «iniziato via via a istallarsi». La fraternità collocata nel cuore della città di Rieti dunque costituisce «testimonianza “profetica” di una “autoriduzione”: non avere uno spazio proprio, né fisico né pastorale», andando oltre anche una precisa configurazione giuridica: «e allora, oltre il diritto, c’è il campo più bello, che è quello della vita, quello che Dio coltiva in mezzo agli uomini e alle donne di questo territorio».

Era presente anche padre Matteo Siro, alla guida della neonata provincia cappuccina che ha unificato Lazio, Abruzzo e Umbria. Anche da lui l’apprezzamento per questa comunità «che non ha nulla di giuridico e magari fa venire il grattacapo ai canonisti» ma ha la bellezza «del carisma», in questa Chiesa reatina «che ancora risente del passaggio di Francesco».