La Francia strappa: eutanasia e stop all’obiezione

I nodi aperti: “sedazione profonda e continua fino al decesso” del paziente, obbligo dei medici di seguire le “direttive anticipate” del paziente. Il vescovo di Rennes, Pierre d’Ornellas, chiede una riforma sanitaria che sviluppi una cultura della cura palliativa e permetta al malato terminale di “morire bene”. Le reazioni delle associazioni familiari e degli studenti di medicina.

Dibattito di nuovo aperto in Francia sull’eutanasia. Il Presidente della Repubblica Hollande ha ricevuto l’atteso Rapporto sul fine vita elaborato dopo due anni e mezzo di consultazioni dal deputato socialista Alain Claeys e da quello dell’Ump Jean Leonetti, autore quest’ultimo della legge che dal 2005 regola in Francia il regime del fine vita. Il Rapporto è complesso e parte dalla considerazione che il trattamento medico dei malati terminali ha raggiunto livelli di inadeguatezza tali da essere definiti dai due deputati “uno scandalo”. Troppo spesso i malati in fine vita vengono lasciati soli, al loro destino, in un contesto sanitario nazionale che fatica terribilmente a intraprendere in modo serio e innovativo la strada delle cure palliative. In questo contesto il Rapporto avanza alcune proposte di modifica alla legge attuale. Quello che sta suscitando più reazioni è il diritto nuovo che si vuole attribuire al paziente colpito da una malattia incurabile che si trovi in fase terminale: trovare la morte evitando di soffrire, attraverso “una sedazione profonda e continua fino al suo decesso”. Altro aspetto che sta facendo discutere soprattutto il mondo medico e sanitario è l’obbligo dei medici di seguire le “direttive anticipate” del paziente non lasciando possibilità di obiezione di coscienza. Hollande che ha sempre evitato furbescamente di usare i termini “eutanasia” e “suicidio assistito”, per non urtare la sensibilità dei credenti e in particolare dei cattolici, ha annunciato che la riforma della legge sul fine vita verrà discussa dal parlamento francese all’inizio del nuovo anno.

Immediate le reazioni al Rapporto dei deputati Claeys-Leonetti. A prendere la parola per conto della Chiesa cattolica francese è il vescovo di Rennes, monsignor Pierre d’Ornellas, che per la Conferenza episcopale segue le questioni bioetiche e cura un blog di discussione aperto recentemente proprio sul fine vita (blog.catholic.fr) come spazio di dialogo e di proposta. Il parere di mons. d’Ornellas si intitola “Un urgente dovere di fraternità” e punta il dito soprattutto sullo stato in Francia dell’accompagnamento del malato terminale. Invertire la rotta – scrive il vescovo – è “urgente”. E per farlo seriamente occorre “implementare” una riforma del sistema sanitario capace di sviluppare una cultura della cura palliativa che permetta al malato terminale di “morire bene”. Riguardo alla sedazione “profonda a continua”, il vescovo fa notare come “questo nuovo diritto non sopprime le cause che generano il male-morire. Non è cioè un diritto che promuove una giusta attitudine verso la morte”. “Nessuna legge – conclude il vescovo d’Ornellas – rimuoverà il fatto che la morte è difficile perché è sempre una prova. Certo, la fraternità ci impone di placare tutte le sofferenze. Tuttavia, evitiamo di generare il mito della morte serena o della ‘morte pulita’. La vulnerabilità è il nostro destino comune. Essa richiede un sovrappiù di fraternità che ci costringe a considerare che non c’è mai una vita inutile. ‘Tu sei prezioso ai miei occhi’, è scritto nella Bibbia ebraica e cristiana”.

Forte e puntuale la presa di posizione della Confederazione delle associazioni familiari cattoliche secondo le quali se le osservazioni contenute nel Rapporto sul fine vita diventassero legge, “la sottile zona tra il ‘dare la morte’ e ‘lenire il dolore’ si attenuerà ancora di più, correndo il rischio di condurre le persone verso un vero e proprio diritto a morire”. Alle associazioni familiari non convince in modo particolare il “nuovo diritto” sulla “sedazione profonda e continua” e in particolare il passaggio del testo in cui “si identificano la nutrizione e l’idratazione come trattamenti” e come tali “soggetti” ad essere interrotti dalle nuove misure. Preoccupa a questo proposito anche il fatto che non si prevede alcuna possibilità di “obiezione di coscienza” ai medici. Le associazioni sostengono invece con forza le proposte contenute nel Rapporto circa l’accompagnamento del malato in fase terminale attraverso un uso sempre migliore da parte di medici e operatori sanitari delle cure palliative.

Per la prima volta prendono la parola anche gli studenti di medicina riuniti nell’Associazione “Soigner Dans la dignité”. “Abbiamo scelto questo lungo e difficile cammino di studi medici – scrivono – per accompagnare le persone da un estremo all’altro dell’esistenza, nel pieno rispetto di ciò che è la vita. Accogliamo con favore i progressi di questa relazione sulle cure palliative. Tuttavia, siamo preoccupati per gli sviluppi che possono derivare dall’uso politico di un trattamento medico pesante come la sedazione” perché – fanno notare gli studenti – “parlare di una ‘sedazione profonda e continua’ o di ‘morte assistita’ sembra permettere una procedura medica collegata direttamente alla volontà di abbreviare la vita di un paziente”.