La forza della vita

Il rapido ritiro dei ghiacciai nelle regioni artiche sta esponendo comunità vegetali intatte che hanno la capacità di tornare a nuova vita.

La scoperta è di un gruppo di ricercatori dell’Università dell’Alberta, a Edmonton in Canada, firmatari di un articolo riguardo i “Proceedings of the national accademy of science”. In seguito al riscaldamento globale, a partire dal 2004 sull’isola di Ellesmere, nell’arcipelago artico canadese, sono tornate alla luce ampie aree che erano rimaste sepolte sotto una coltre di ghiacci fin dall’inizio della cosiddetta Piccola età glaciale, il periodo dal 1550 al 1850 durante il quale l’emisfero settentrionale è andato incontro a un brusco abbassamento delle temperature.

Il gruppo di ricercatori ha scoperto che in queste aree appena liberate dai ghiacci sono presenti numerose comunità vegetali che, pur apparendo scolorite e annerite, sono ancora vitali. Dopo aver redatto un inventario delle piante, appartenenti a ben 60 specie di briofite il gruppo di vegetali che comprende muschi ed epatiche, i ricercatori hanno prelevato svariati campioni per confermare con la datazione al radiocarbonio che si tratta effettivamente di organismi risalenti alla Piccola età glaciale.

Successivamente, hanno utilizzato alcuni campioni per esperimenti di crescita in vitro che hanno avuto notevole successo: il 30 per cento circa dei campioni ha infatti dato origine a nuove piante. Lo scorso anno un gruppo di ricercatori russi era riuscito a far germogliare esemplari di Silene stenophylla, pianta erbacea della famiglia delle Caryophyllaceae i cui semi, risalenti a ben 32.000 anni fa, erano stati ritrovati fra i 20 e i 40 metri di profondità nel permafrost siberiano. Per ottenere questo risultato, però, i ricercatori russi avevano dovuto estrarre il tessuto placentare dai semi, clonarlo e quindi coltivarlo in vitro su terreno nutritivo specializzato.

Al contrario, la rigenerazione delle piante emerse in Canada è avvenuta dopo la semplice macinatura dei tessuti di steli e foglie, poi seminati in un terreno di tipo commerciale. La notevole capacità di sopravvivenza di queste piante, osservano i ricercatori, va attribuita da un lato alla capacità naturale delle cellule delle briofite di de-differenziarsi per tornare allo stato di cellule totipotenti e quindi riprogrammarsi e, dall’altro, al fatto che sono piante “poichiloidriche”, ossia prive della capacità di controllare il proprio contenuto di acqua.

Quindi, in caso di condizioni ambientali avverse, le cellule delle briofite possono seccarsi e arrestare completamente i propri processi metabolici che riprendono quando, in presenza di condizioni più favorevoli, le piante tornano a reidratarsi.