La famiglia? Al centro non solo a parole

Sulla scia della Settimana sociale di Torino, l’attenzione pastorale in diocesi.

Questa volta, a differenza delle precedenti edizioni, ha voluto essere presente anche lui, assieme agli altri delegati della diocesi. E dalla Settimana sociale dei cattolici italiani svoltasi a Torino monsignor Lucarelli è tornato soddisfatto e desideroso di cogliere l’occasione per rilanciare, anche nella piccola Rieti, un’attenzione alla famiglia fatta non solo di parole ossequiose.

All’appuntamento nel capoluogo piemontese, che ha acceso i riflettori non solo del mondo cattolico (anche se i grandi media hanno in verità fortemente snobbato l’evento) sull’importanza di rileggere le varie questioni che interessano il tessuto sociale italiano come strettamente connessi con le politiche familiari, il vescovo Delio ha partecipato assieme agli altri tre rappresentanti della Chiesa reatina quali il responsabile della Pastorale sociale, il presidente del Consultorio familiare diocesano e quella della Consulta delle aggregazioni laicali (rispettivamente don Valerio Shango, Massimo Casciani e Laura Marignetti). «Una grande opportunità per i partecipanti ma anche per tutta la Chiesa italiana» è stata questa Settimana sociale per monsignore, che rileva come negli interventi dei vari relatori e nei lavori di gruppo la condizione delle famiglie italiane sia stata ben sviscerata sotto i diversi aspetti, facendo emergere «numerosi spunti e proposte per affrontare i gravi problemi che investono la famiglia, da quelli affettivi, a quelli economici, da quelli legislativi a quelli relazionali e pratici».

In particolare vanno messi in rilievo, a detta di Lucarelli, alcuni aspetti da considerarsi «decisivi per la tenuta dell’istituto familiare nel futuro, e quindi della società tutta intera». In primo luogo, «la rilevanza pubblica della famiglia fondata su coppie eterosessuali stabili, e non solo come fatto privato o frutto di scelte non significative per lo Stato». La famiglia è una realtà pubblica, dato che, «quale cellula della società, “serve” allo Stato, anzitutto come luogo per la trasmissione della vita, poi come fenomeno anche economico, come santuario degli affetti in cui si sviluppa il ruolo educativo dei grandi verso i piccoli, come palestra di vita, come interlocutore primario nei confronti delle istituzioni». Non mancano, nelle considerazioni del vescovo, bacchettate verso i politici, spesso pronti a solenni dichiarazioni “familiste” e poi, al lato pratico, incapaci di compiere scelte coerenti, maltrattando la famiglia, a dispetto della carta costituzionale, «con leggi che hanno tutelato di più le coppie di fatto e i diritti dei singoli e dei separati, piuttosto che le legittime esigenze, soprattutto economiche ma non solo, di famiglie e di coppie regolarmente sposate (non solo col matrimonio concordatario, s’intende)»: tanto per fare un esempio, non è certo un mistero che sono in molti, tra avvocati e commercialisti, a consigliare alle coppie separazioni fittizie per godere delle agevolazioni fiscali riservate ai separati… In un’Italia, non manca di rilevare il vescovo, dove «solo il 4% della nostra spesa pubblica per i servizi sociali viene destinata alla famiglia, a fronte del 8% degli altri Paesi europei», pure quelli con leggi assai meno favorevoli alla famiglia eterosessuale. Insomma, una cultura politica fatta di «grandi proclami a cui non seguono fatti coerenti, cioè azioni politiche ed economiche conseguenti», cosa ancor più grave in un Parlamento dove siedono parecchi sedicenti cattolici, punzecchia ancora monsignor Delio.

E come Chiesa? Occorre fare di più, in termini pastorali. Non soltanto riguardo l’aspetto formativo, la riflessione teologica, la spiritualità familiare (pure cose in cui non possiamo certo dire di spenderci al massimo…). Ma anche, esorta il vescovo, un lavoro capillare, nel vissuto delle realtà parrocchiali, «in favore della famiglia, con il sostegno e la vicinanza alle situazioni di crisi», oltre a «iniziative pastorali non occasionali o celebrative, ma progettuali, formative, di lunga durata e di ampio respiro». Alla famiglia, è stato già annunciato, viene dedicato questo anno pastorale, sulla scorta della proposta lanciata da Lucarelli nel suo documento Alle querce di Mamre di scegliere ogni anno un sacramento (in questo 2013-14 sarà appunto il matrimonio) con tutte le sue implicazioni anche di carattere umano e culturale, oltre che spirituale e pastorale. L’auspicio del vescovo è che possa porsi come «momento di riflessione e di proposta, ma anche di innovazione di quelle pratiche pastorali che non hanno sortito, ad oggi, significativi effetti». Consiglio pastorale diocesano e consiglio presbiterale, convocati per i prossimi giorni, ne parleranno per cercare di predisporre indicazioni per il cammino della comunità diocesana.

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