La cultura del “noi” apre la strada all’Italia positiva

Elisa Manna, responsabile delle Politiche Culturali del Censis, rilegge le parole del presidente della Cei e vi intravede un andare controcorrente rispetto ai giudizi prevalenti e un intento costruttivo: “Non si può più stare alla finestra: c’è la voglia e il bisogno di un nuovo protagonismo sociale della Chiesa cattolica”. E ancora: “La gente avverte il bisogno di una robusta iniezione di onestà”.

“Non si può vivere in un isolamento dorato: il vero benessere può nascere solo da una situazione di benessere collettivo, dalla capacità di uscire dal proprio egoismo e di prestare attenzione all’altro”. Elisa Manna, responsabile del settore di ricerca Politiche Culturali del Censis, spiega così la rilevanza sociologica della cultura del “noi”, che percorre trasversalmente tutta la prolusione del cardinale Bagnasco al Consiglio permanente della Cei. È la cultura del “noi”, secondo l’esperta, a costituire “l’antidoto più potente a piaghe come la corruzione, l’evasione fiscale, la disonestà, l’egoismo di chi vuole mantenere i propri privilegi, economici e non solo”.

“L’Italia non è una palude fangosa”. Un’affermazione forte, quella del cardinale Bagnasco. Quale rilevanza può assumere a livello sociologico?

“L’affermazione del cardinale Bagnasco può sembrare, e in parte lo è, controcorrente rispetto alle analisi che siamo abituati a sentire. A mio avviso, a livello sociologico coglie una realtà profonda: se è vero, infatti, che le varie forme di disagio si evolvono e si moltiplicano, è anche vero che il Paese lancia segnali positivi che è giusto valorizzare – come fa, non da ora, il presidente della Cei – anche per avere la sensazione che qualcosa si muove. Penso, ad esempio, alla presenza degli stranieri: in tv siamo abituati a vedere barconi pieni di gente disperata e centri di assistenza che versano in condizioni disastrose. Ma l’immigrazione non è solo questo: l’imprenditoria degli stranieri sta crescendo, e regge bene alla crisi. Lo stesso dato viene dall’universo femminile: le imprese guidate da donne stanno crescendo, e anch’esse reggono molto bene ai tornanti della crisi. Tutti segnali, questi, di un’economia diversa, che passa attraverso circuiti differenti e coinvolge soggetti finora marginali nella società. Le imprese guidate da stranieri, in molte Regioni d’Italia, superano il 10-12%: un dato significativo che segnala come ci siano modalità economiche che non necessariamente passano attraverso i consueti processi, ma possono essere collegate a nuovi soggetti che prima contavano poco ed erano emarginati. Aumentano, inoltre, i processi di immedesimazione delle imprese con le realtà e le culture locali, come dimostrano le forme di welfare connesse all’azienda”.

Il cardinale Bagnasco lancia un appello ad essere “voce dei senza lavoro”, partendo dal dato che “la povertà è reale”…

“La povertà è assolutamente reale: il disagio delle famiglie è in crescita, tante famiglie vivono con risorse ridottissime: 500-600 euro al mese, ed anche meno… L’analisi che fa il cardinale non nega la realtà di grande e diffuso malessere, ed è bellissimo che sia la Chiesa a dare voce a chi non ne ha: le logiche politiche ed economiche sono autoreferenziali, mentre la Chiesa italiana sta richiamando l’attenzione sui grandi temi che dovrebbero rappresentare la priorità, per chi ha responsabilità pubbliche. La prospettiva adottata dal cardinale Bagnasco, tuttavia, è sempre costruttiva: ciò non vuol dire dimenticarsi degli ultimi, perché come dice il Papa oggi l’attenzione agli ultimi non è più rinunciabile, ma indicare una direzione allo sviluppo. Qualunque modello di sviluppo economico non può essere egoisticamente centrato su se stesso”.

Non è un caso, allora, che nella prolusione, insieme al Papa, si ribadisca il “diritto di parola” della religione, che non può “limitarsi all’ambito del privato”?

“Non si può più stare alla finestra: c’è la voglia e il bisogno di un nuovo protagonismo sociale della Chiesa cattolica. Non mi stanco mai di ripetere che la crisi attuale ha una matrice culturale, antropologica, e non economica: in gioco ci sono i valori che stanno alla base della convivenza civile. Se la bolla finanziaria ha travolto tutto, è perché ci sono forti scorrettezze in un certo sistema di valori, che oggi non regge più. C’è bisogno di uno sviluppo inclusivo: non è un caso che il programma Europa 2020 parli proprio di sviluppo inclusivo e sostenibile”.

L’altro appello del cardinale Bagnasco è al mondo della politica: oggi si discute molto di riforma dello Stato, rischiando però di non aver presente ciò che “la gente sente più bruciante sulla propria pelle”…

“La politica, in qualche modo, costruisce la realtà: se si mettono al centro esclusivamente i temi dell’‘ingegnerizzazione’ dello Stato – la riforma elettorale, la sorte della seconda Camera dello Stato, la presenza più meno forte delle Regioni – ma i cittadini soffrono dell’emergenza dovuta alla perdita o alla mancanza di lavoro, vuol dire che la politica ha perso il contatto con la realtà e con le esigenze della popolazione. Una democrazia che voglia dirsi tale, invece, dovrebbe recuperare questo rapporto. Lo Stato, in altre parole, va certamente riformato, ma ciò di cui la gente avverte il bisogno è soprattutto una robusta iniezione di onestà: al di là delle varie forme, la corruzione si è infiltrata dappertutto, anche in chi dovrebbe tutelare l’onesta e la lealtà dei cittadini. È da questa priorità che si dovrebbe ripartire”.