La conquista del peperoncino

La Fiera Campionaria Mondiale del Peperoncino è finita. Le zone della città disposte per l’evento sono state frequentate e i reatini hanno accettato il diversivo della “cultura piccante” per sfuggire al vortice dell’apatia cittadina.

Viene da pensare, però, che non sia per questo che è stata organizzata la manifestazione. Chi ha investito un tale spiegamento di forze – senza contributi degli enti locali (a parte i 100.000 euro spesi insieme da Comune e Provincia per l’acquisto delle attrezzature necessarie) – deve per forza aver previsto un tornaconto dall’iniziativa.

Viene da pensare che la fiera sia la testa di ponte di una sorta di “colonizzazione”, l’introduzione di qualcosa di estraneo nel tessuto della città, come del resto è il peperoncino per la piana reatina. D’altra parte le maestranze intervenute per tirare su l’evento sono arrivate in gran parte da fuori Rieti, per lo più – ci è parso – dal Sud Italia, come se la realtà locale non disponesse di professionalità adeguate. E sarebbe anche interessante sapere presso quali aziende sono stati spesi i 100.000 euro di fondi comunali e provinciali.

Intanto il peperoncino non ha reso più gustosa la vita agli operai della Ritel,  né ai lavoratori della Comifar, lasciati ai loro problemi, e neanche a quelli delle altre aziende in crisi. Il peperoncino ha tante qualità ma non crediamo sarà utile neppure alle famiglie dei bambini disabili, costrette dal comune a contribuire di tasca propria al sostegno scolastico dei figli. L’iniziativa non sembra andare in conto ai bisogni dei disoccupati e dei giovani perché non lascia nulla di stabile sul territorio. La fiera giova poco al commercio, perché può aver dato un po’ di ossigeno per tre giorni, ma rimane il problema degli altri 362. Rieti Cuore Piccante non serve neppure alla promozione turistica del territorio, perché gli è estranea ed estemporanea, priva di motivi di coesione.

Per la città vera insomma, l’occasione piccante corrisponde tuttalpiù all’illusione di far parte del “giro buono”, di contare qualcosa perché si appare nei TG, di arrivare da qualche parte perché si stringono le mani giuste.

E alla fin fine ci si sente terra di non si sa bene quale conquista.