IV domenica di Pasqua, commento al Vangelo

Una vita per le pecore

In quel tempo, Gesù disse: «Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. Il mercenario – che non è pastore e al quale le pecore non appartengono – vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; perché è un mercenario e non gli importa delle pecore. Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore. Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio».

Gv 10, 11-18

La domenica del buon pastore che dà la vita per le pecore! Le espressioni tratte dal Vangelo sono diventate di uso comune per chi le mastica da sempre al punto che non si fa più caso al significato dei vari detti. Come si può pensare che un buon pastore dia la vita per le pecore? Non solo il garzone scappa di fronte al lupo, ma un pastore che sia assennato non può e non deve mettere a repentaglio la sua vita per una pecora, anche perché sa che se lui muore o viene ad essere impedito le altre pecore restano in balia degli eventi e dei tanti lupi.

La metafora, anzi per meglio dire, la paroimìa, il proverbio, la similitudine, o come si direbbe in ebraico un masal, un enigma, sta ad indicare che il Maestro si rivolge ad un pubblico che non lo aveva capito.

La categoria che usa Gesù, quella del pastore e delle pecore, è conosciuta dal suo uditorio, ed è quella che parte dalla Genesi (ed è approfondita soprattutto da Ezechiele) secondo la quale il Signore è il pastore del suo popolo e i cattivi pastori lasciano il popolo in balia dei lupi, mentre il buon pastore compie ogni sforzo per salvare le pecore, anche e anzi soprattutto quelle più fragili e indifese. Nell’ottica della Pasqua solo un buon pastore esiste che dà la vita e ha il potere di riprenderla di nuovo: Gesù detto il Cristo!

Ma in quel pastore dovrebbero identificarsi tutti gli altri pastori, di cui lui è il modello, l’ideale.

I nostri pastori sono pronti a dare la vita per le pecore? O vorrebbero piuttosto essere seguiti a prescindere! Le pecore lo sentono se il pastore è un mercenario o è uno convinto, imbevuto di follia pasquale oppure che fa il minimo per guadagnarsi la stozza.

Il nostro mondo e la nostra Chiesa hanno bisogno di pastori folli, pronti a dare la vita, di mercenari ne abbiamo fin troppi.