Parrocchie

“Issi de Castellu” e la grande voglia di non perdere la memoria del borgo

Nasce da una chat che si concretizza in una cena il proposito di un gruppo di residenti a Castelfranco: un museo fotografico per fissare la memoria di quanto è stato, e lasciarlo alle generazioni future

Nacque un anno fa quasi per gioco la chat Issi de Castellu, ovvero il gruppo dei “felici ed eletti residenti di Castelfranco“, nato per unire e ri-unire le generazioni che abitano il piccolo borgo di Castelfranco e utilizzare le nuove potenzialità della tecnologia a beneficio di quanti per motivi di lavoro o di famiglia sono lontanti dal paese d’origine.

La chat si tramutò nel desiderio di vedersi di persona, ma l’idea di quella tanto attesa cena venne spazzata via dalle restrizioni dovute alla pandemia. Tuttavia il gruppo di castellani non ha mollato la presa e ha voluto fortemente ritrovarsi, «perché ciascuno di noi è un’importante tessera della grande famiglia di Castelfranco».

Si resta uniti nel nome del senso di appartenenza, nel sorriso che suscitano i ricordi belli, ma anche attraverso la forza della fede.

«Anche nel momento più duro delle restrizioni, nell’ora più buia per la vita di ognuno di noi, i nostri due “don“ non ci hanno mai abbandonati. Uno fisicamente, don Zdenek Kopriva, l’altro ma vicino con il cuore, don Lucio Boldrin, non ci hanno mai fatto mancare la speranza e l’appoggio», dice la comunità dei castellani.

Fino al culmine della grande rimpatriata, che ha visto la partecipazione di intere generazionidi residenti e non. I ricordi, naturalmente, l’hanno fatta da padrone, dando speranza a un futuro di propositi costruttivi per tutti coloro che desiderano ancora abitare il borgo.

«È meraviglioso vedere come le terre un tempo rigogliose, poi abbandonate, siano tornate a risplendere in parte con numerosi vigneti, vanto per tutto il territorio mentre altre lavorate e seminate con il sapiente e paziente fare di un tempo lontano», dice un compaesano.

Il proposito nato nell’immediatezza della cena è quello di realizzare un piccolo museo fotografico dei ricordi dei nostri predecessori, perché tutte le generazioni presenti e future ne abbiano contezza. E chissà che – pandemia permettendo – non si riaprano le cantine enogastronomiche che negli anni hanno dato luogo ad una bellissima manifestazione.

«La memoria di un territorio sono le persone che lo abitano e il nostro scopo è preservare e far crescere le persone che sono state, che sono e che saranno la nostra comunità». Che si parta da una cena o no, poco importa. L’importante è iniziare.