Israele si fa potenza

Israele si fa ancora più ambizioso e Russia, Turchia ed Egitto si sentono minacciati. Come gli Stati Uniti hanno dimostrato, l’indipendenza energetica non è utile solamente a vincere le guerre ma anche ad imporsi sul mercato globale. Benjamin Netanyahu PM ed il ministro delle finanze Yair Lapid hanno annunciato che il Paese è sulla strada della piena indipendenza energetica e non solo.

Israele si prepara a diventare un esportatore di gas e petrolio. Tutto ha avuto inizio nel Gennaio 2009 quando la compagnia americana Noble Energy (in Joint venture con partner locali) ha scoperto un’enorme giacimento di gas naturale a circa 50 miglia ad ovest del porto di Haifa.

Il sito, chiamato Tamar-1, ha subito richiamato l’attenzione del Libano che sostiene che il deposito gasiero si trova in acque territoriali libanesi e la questione è stata portata all’attenzione dell’ONU. Ma il fatto rilevante è la scoperta di altri giacimenti nel Mar del levante e quattro anni di esplorazioni sottomarine che fanno della zona la quinta al mondo per capacità.

È stata stimata la possibilità futura di estrarre fino a 3.4 m³ di gas e 1,7 miliardi di barili di petrolio. Israele ha iniziato a valorizzare il tutto con ricchi investimenti (anche australiani e russi) costruendo pipelines e terminal di GNL, impianti di liquefazione del gas e la ferrovia ad alta velocità Red-Med che attraversa tutto il paese da Eliat a Haifa, dove tutto ha avuto inizio. Si stima che in venti anni il Paese possa non solo risparmiare 3,6 miliardi di dollari annui, ma registrare entrate per 200 miliardi di dollari creando migliaia di nuovi posti di lavoro e rinvestendo una quota su welfare e difesa.

Israele punta a tenere il 60% delle estrazioni per sè, destinando il 40% all’export verso Europa, Giordania, Turchia, Cina ed India. Politicamente questo non solo creerebbe problemi al vicino Egitto, che rifornisce il 40% del fabbisogno energetico israeliano tramite la Arab Gas Pipeline che parte da Arish, ma sottrarrebbe quote di influenza Russe sull’Europa che potrà così contare su una fonte d’approvvigionamento alternativa.

Inoltre autotrasformandosi in hub energetico, Israele, minaccerebbe il ruolo che Ankara ha di snodo energetico, forse distruggendo per sempre il sogno di entrare nell’UE. Così Israele si prepara ad assumere il ruolo che hanno sempre avuto i suoi vicini ostili, impregnando per bene le mani nell’oro nero.

Così quando dopo il 2017, a causa dello scioglimento dei ghiacci, si inizierà a trivellare i fondali dell’artico ed il centro di gravità energetico si sposterà dal Medio Oriente al Nord geografico, il piccolo Stato, nato nel 1948, non perderà la sua rilevanza internazionale. Ovviamente chi risentirà di più del potenziamento economico di altri Stati, se non si giunge ad una trasformazione radicale, sarà l’Europa.