“Isirc”

Strano titolo “isirc”. Probabilmente vi starete chiedendo cosa significhi. Bene, questo era lo scopo. Tranquilli, non c’è nulla di difficile. Un aiuto: non è una sigla, non è un’abbreviazione, né un nome, né un gioco! È solo la parola “crisi” scritta al contrario. Un invito a vedere le cose da altri punti di vista.

Sì, perché la crisi può anche essere utile. Può dar vita ad un cambiamento positivo. Del resto a che serve continuare nei comportamenti che la crisi l’hanno generata? E poi è dalla crisi – lo diceva anche Einstein – che sorgono l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie. Non che occorra andarne in cerca, ma è dalle difficoltà che emerge il meglio di ognuno.

Però occorre superare il livello della chiacchiera. Parlare di crisi significa incrementarla. Tacerne esalta il conformismo. Invece bisognerebbe agire. Sempre quel geniaccio di Einstein sosteneva che l’unica crisi pericolosa è il non voler lottare per superarla.

Ovviamente le buone intenzioni non possono bastare. Però dispongono al meglio, sono un buon punto di partenza. Anche perché si può cominciare dalle piccole cose. In fondo la crisi si riconosce anche da certi dettagli. L’importante è essere sinceri.

Di solito, infatti, più si diventa adulti e più ci si scopre ipocriti. Quindi, per darsi un punto di riferimento, conviene cominciare guardando ai bambini. A un gruppo di piccoli reatini dai 6 ai 14 anni, durante un progetto del Servizio Civile, è stato chiesto: «cosa ti piacerebbe fare da grande?»

Beh, abbiamo scoperto che i bambini non sognano più! Medico, benzinaio, astronauta? Macché! I piccoletti sembrano annullati, disorientati. Anche il loro mondo ruota intorno ai soldi, al denaro. Possedere conta più che essere: ecco il segno, la causa, il movente della crisi! Ormai siamo educati all’egoismo fin dall’infanzia. Inutile lamentarsi se questi bambini da grandi non capiranno il valore della socialità e della solidarietà. Come faremo a convincerli che il denaro non fa la felicità? Come rimetteremo nelle giuste proporzioni economia e persona?

Qualche volta ci sembra che perfino gli insetti siano meglio di noi. Guardiamo alle api, all’alveare: sembra un “super organismo collettivo”. Chi le alleva garantisce che si tratta di un’esperienza toccante. Nella vita dell’alveare si potrebbe specchiare il nostro contesto sociale. La differenza la fa il fatto che l’ape non sarà mai individualista!

Che lezione! Di certo la logica dell’alveare non si può sposare fino in fondo: ricadremmo nell’imbroglio dello Stato totalitario. Teniamoci ben stretta la nostra democrazia, ma ravviviamola con qualcosa di meglio dell’egoismo, del consumismo, della nostra indole autoreferenziale. Ritrovare un po’ di coesione non può farci certo male. Il lavoro di squadra – ecco il buon insegnamento delle api – rende più forti.

Questo voleva dire “isirc”: rovesciare la crisi rovesciando i valori che l’hanno prodotta. Il “sistema capitalistico” avrà pure i suoi vantaggi, ma puntando sull’economia a dispetto delle altre dimensioni della vita, ha reso quest’ultima più povera, quasi disumana. Se pure le giovani generazioni sono incuranti del passato e del futuro – perché l’importante è impossessarsi di tutto qui ed ora – come potremo pretendere comportamenti morali ed etici?

Forse non possiamo pensare di cambiare il mondo, però non diamoci per vinti: possiamo cominciare a lavorare su noi stessi. Poi interverremo sul nostro modo di rapportarci al prossimo, quindi al territorio. È un passo alla volta che si arriva lontano.

Coltivare un po’ di ottimismo non può farci che bene. In fondo abitiamo in un contesto pieno di risorse non valorizzate. Vale a dire che se ci rimbocchiamo le maniche ci sono tante cose da fare. A cominciare dalla costruzione di un modo migliore di essere persone e cittadini. Il resto potrebbe venire da sé.

Federica Capasso e Alessandro Cruciani